2019 – Baku e Tbilisi
Incuriositi dall’emergente successo della città di Baku decidiamo di visitarla nel mese di giugno, abbinandola a Tbilisi, capitale della Georgia, terra più avvezza al turismo seppur ancora meta non molto gettonata dagli italiani.
Raggiungiamo l’Azerbaigian con un volo Turkish, dopo aver effettuato un veloce scalo nel Nuovo Aeroporto di Istanbul.
Arriviamo in serata ed in breve tempo siamo nella piccola hall dell’hotel Old Baku, situato nell’antica città medievale, per effettuare il check in e prendere possesso della camera (nel complesso modesta seppur la posizione dell’albergo è ottimale).
Baku è considerata una delle più antiche e più grandi città dell’Oriente. Situata sulla costa meridionale della penisola di Abşeron, la città si compone di tre parti principali: il centro, la città vecchia e la zona costruita nell’epoca sovietica.
Usciamo subito per una piacevole passeggiata nella vicina Fəvvarələr Meydanı, in italiano Piazza della Fontana, dove incontriamo moltissima gente, diversi turisti ma soprattutto famiglie con bambini e molti giovani che rendono l’atmosfera allegra ed allo stesso tempo tranquilla.
Per la nostra prima cena in terra azera scegliamo il Firuze, un ristorante caratteristico, in pieno centro, dai prezzi modici, porzioni abbondanti ed ambiente tradizionale, con tanto di personale vestito in abiti tipici.
Gustiamo diversi piatti consigliatici dal cameriere, tutti legati alle abitudini locali e rimaniamo veramente molto soddisfatti, sia per la qualità che per il servizio ricevuto.
Il mattino seguente siamo pronti per esplorare la capitale dell’Azerbaigian e come prima tappa ci dirigiamo sul lungomare di Baku, il boulevard che costeggia il Mar Caspio per diversi chilometri, con tanto di curatissimi giardini, piante, panchine e piccoli chioschi dove è possibile acquistare bibite (siamo a fine giugno ed è caldissimo!!!), gelati o semplici snack.
Rimaniamo favorevolmente colpiti dalla pulizia del luogo nonché dalla serenità con la quale ci troviamo a camminare per questa città di oltre tre milioni di abitanti che eccoci arrivati dapprima di fronte ad una mini-Venezia, con tanto di gondole e canali e poi ad un enorme edificio a forma di tappeto, sede (e non poteva essere altrimenti…) del museo del tappeto!
Da ogni angolo del lungomare è possibile ammirare le favolose Flame Towers, tre grattacieli a forma di fiamma, situate in posizione dominante, che ricordano il fuoco, simbolo fortemente legato alla storia e cultura della città.
Prendiamo quindi la vicina funicolare di Bahram Gur che ci permette di salire agevolmente verso la zona delle Flame Towers.
Usciamo dalla piccola stazione che ci troviamo a Martyrs ‘Lane, in passato chiamato Kirov Park, una sorta di parco con annesso cimitero e memoriale dedicato ai caduti delle diverse guerre svoltesi nel secolo scorso che hanno avuto tra le loro vittime cittadini azeri.
Il monumento più significativo è sicuramente il Memoriale della fiamma eterna, una costruzione in ricordo dei martiri, inaugurata nel 1998, dove vengono commemorati ogni anno le vittime del “gennaio nero”, una violenta repressione sedata nel sangue dalle truppe sovietiche che causò decine di morti.
Procediamo quindi verso le Flame Towers, un vero e proprio capolavoro dell’ingegneria che però, purtroppo, non possiamo visitare in quanto non aperte al pubblico (una è residenziale, la seconda destinata ad hotel e la terza ad uffici). Peccato!!!
Ridiscendiamo a piedi, attraversando una parte di parco, giungendo in breve sul lungomare dove ci fermiamo a mangiare in un piccolo chiosco per poi entrare nella vecchia città medioevale, circondata da bellissime mura.
Visitiamo il Palazzo degli Shirvanshah, il più importante monumento dell’architettura antica azera e principale attrazione della capitale, la cui costruzione è iniziata nel 1411. Si tratta di un grande edificio composto da circa 50 stanze disposte su due piani collegate tra loro da scale molto strette.
Entriamo dal portale principale per dirigerci al cortile situato al secondo piano da cui raggiungiamo un piccolo vestibolo ottagonale che ci collega al resto degli alloggi. Nel cortile inferiore troviamo la moschea del palazzo con due cappelle: una sala di grandi dimensioni per gli uomini ed una piccola per le donne.
Lo giriamo incuriositi dalla sua architettura e dagli oggetti conservati all’interno delle stanze per poi visitare il mausoleo di Seyid Yahya Bakuvi, anche questo di forma ottagonale ed in ultimo le terme del palazzo, composte da camere semi-interrate che permettono di mantenere il calore in inverno ed il fresco in estate.
Usciamo dal Palazzo degli Shirvanshah e ci mettiamo a passeggiare senza una meta precisa all’interno della città vecchia, ricca di locali tipici dove poter bere un the o fumare il narghilè. Sostiamo spesso per curiosare nelle tante botteghe di prodotti tipici e souvenir, osserviamo i venditori ambulanti contrattare con altri turisti per poi in ultimo fermarci al Bukhara Caravanserai, un caravanserraglio risalente all’epoca medioevale (1500 d.c. circa) utilizzato per i viaggiatori e commercianti del tempo.
L’edificio nel complesso è ben tenuto ed una volta entrati nel cortile interno, di forma ottagonale, si possono visitare le piccole botteghe di artigiani presenti nella storica struttura.
L’atmosfera che si respira nella città vecchia è veramente particolare, sembra di essere catapultati in un’altra era rispetto a quanto accade appena fuori le mura, dove le macchine sfrecciano in continuazione lungo la Nefticilar Prospekti, una delle principali arterie stradali della capitale.
Attraversare la strada è praticamente impossibile, oltreché severamente vietato, ma fortunatamente ci sono un paio di sottopassaggi che di fatto collegano la parte antica al lungomare.
Questa volta ci dirigiamo verso sud, fino ad arrivare ad un piccolo molo dove partono battelli che fanno un breve giro nel Mar Caspio. Ci ripromettiamo di farlo un’altra sera e, dopo aver costeggiato un simpatico giardino di piante grasse, aver scattato qualche foto ad una bella fontana prospiciente The Museum Center, ritorniamo verso il centro città per andare a cena al Dolma restaurant, un altro tipico ristorante dove mangiamo ancora una volta gustosi piatti locali.
Prima di andare a letto, anche per smaltire l’abbondante cena, ci facciamo un’altra passeggiata lungo il Seaside Boulevard, da dove ci godiamo lo spettacolo delle Flame Towers illuminate da oltre 10.000 luci a led di diversi colori che creano magnifiche scenografie. Lungo il cammino ci fermiamo spesso ad osservare i venditori di gelato turco che sono soliti effettuare giochi e scherzi con i clienti nel mentre gli preparano i coni per la gioia dei numerosi bambini che si fermano a guardare.
La mattina seguente effettuiamo una gita fuori Baku con tanto di taxi noleggiato per l’intera giornata direttamente dall’Italia tramite un sito specializzato (gettransfer.com). L’autista è puntuale ad attenderci fuori dall’albergo ed Alessandro gli indica il programma da seguire per la giornata, cercando di spiegargli l’ordine delle visite da seguire (il guidatore, come la maggior parte dei tassisti, non parla inglese, ma alla fine sembra aver compreso).
Come prima tappa indichiamo il Gobustan National Park, probabilmente il più popolare sito dell’Azerbaigian, patrimonio mondiale dell’Unesco con le sue antiche incisioni rupestri, il museo dei petroglifi ed i vulcani di fango.
Lungo il tragitto, a pochi chilometri da Baku, ci fermiamo per visitare la Moschea Bibi-Heybat, una bella costruzione risalente agli anni ’90, edificata nel luogo e con le sembianze della vecchia moschea omonima del 1200, dalla quale si gode un piacevole panorama sul Mar Caspio, con tanto di porto commerciale molto trafficato situato ai piedi del promontorio.
Non entriamo nella Moschea, essendo necessario indossare pantaloni lunghi e non avendo la sottoscritta alcuna intenzione di mettermi addosso i veli che troviamo all’ingresso. Risaliamo in macchina e, dopo aver effettuato un’altra breve sosta per acquistare dell’acqua fresca (la temperatura si avvicina ai 40 gradi…), eccoci che arriviamo all’ingresso del sito, dove per prima cosa visitiamo il piccolo ma moderno museo, magnificamente tenuto, con i reperti dei primi insediamenti umani risalenti ad epoche comprese tra i 20.000 e i 40.000 anni fa. Interessanti sono anche gli allestimenti che descrivono l’ambiente faunistico e antropologico di quei tempi, con tanto di pannelli esplicativi in inglese sulle varie fasi evolutive di questi insediamenti e sul significato delle migliaia di incisioni scoperte nell’area.
Risaliamo in macchina per fare la breve strada che ci separa dalla sommità di una piccola collina, ma il caldo è veramente insopportabile, sembra di essere nel deserto del Sahara ad agosto!
Qui, camminiamo lungo un percorso tra la vegetazione comunque brulla e le rocce del promontorio Boyuk Das, fintanto che non si iniziano a scorgere alcune incisioni rupestri, raffiguranti animali, uomini primitivi, battaglie e danze.
Nella loro semplicità questi disegni rappresentano uno dei primi esempi di arte della storia umana, essendo stati la maggior parte di loro datati tra 5.000 e 20.000 anni fa!!! Siamo colpiti da alcune figure come ad esempio i buoi e soprattutto una barca con tanto di remi ma, in generale, rimaniamo soprattutto sorpresi dal fatto che, dopo tutti questi anni, si possa ancora osservare sostanzialmente integra un’opera fatta dagli uomini.
Bello anche il panorama che si ammira guardando dalla parte opposta della collina: all’orizzonte, dopo una pianura brulla solcata solo da una ferrovia e dalla strada costiera, si ammira l’azzurro del Mar Caspio.
Scattiamo qualche foto, camminiamo con attenzione per non scivolare lungo i sentieri e soprattutto non incontrare qualche vipera (numerosi i segnali al riguardo) dopodiché risaliamo in auto per dirigerci verso l’altra principale attrazione del Parco Nazionale: i vulcani di fango.
Facciamo diversi chilometri prima di raggiungerli, percorrendo soprattutto strade sterrate ed incrociando delle vecchie auto che trasportano gruppi di visitatori con alla guida dei veri e propri pazzi vista la velocità che tengono!!! Finalmente dopo una mezz’oretta ci fermiamo in una sorta di slargo, poco distante da una pozza di petrolio ed a ridosso di una collinetta dove ci sono altri turisti.
Nello spazio di poche centinaia di metri ci sono decine e decine di piccoli vulcani che eruttano a singhiozzo spruzzi di lava con tanto di strani rumori come se fossero brontolii di stomaco. All’inizio ci avviciniamo con circospezione ma poi vedendo gli altri toccare il fango senza timore, lo facciamo anche noi, trovandolo con sorpresa assolutamente freddo!!! È un fenomeno davvero originale, molto curioso, peccato che non sia facilmente accessibile, altrimenti siamo sicuri che sarebbe visitato da molti turisti tanto più che, stando a quanto riportato nei siti locali, il fango ha anche ottime proprietà curative essendo molto ricco di minerali.
Ritorniamo verso Baku e lungo il percorso ci fermiamo per un veloce snack in un piccolo supermercato. Costeggiamo la capitale e nel mentre siamo in auto non possiamo che fare due considerazioni: la prima che la periferia è lontana parente del centro cittadino, sembra di essere ancora in un Paese molto arretrato e povero, la seconda che in ogni parte che volgiamo lo sguardo si vedono pozzi di petrolio. Ce ne sono centinaia e centinaia, dislocati ovunque, dalla costa fino all’entroterra. L’Azerbaigian è infatti un importante produttore di “oro nero”, materia prima che ha fortemente contribuito all’incredibile sviluppo economico degli ultimi anni.
Nel primo pomeriggio visitiamo Yanar Dag, un’altra delle principali attrazioni azere, situata a pochi chilometri a nord di Baku. Si tratta di un fenomeno naturale semplice ma allo stesso tempo alquanto bizzarro: sul versante di una piccola collina si trova un fronte di fiamme lungo una decina di metri che brucia in continuazione, giorno e notte, in estate ed in inverno, grazie al gas naturale che dal sottosuolo risale in superficie.
Facciamo qualche foto avvicinandoci con attenzione alle fiamme, quindi saliamo in cima al promontorio dal quale osserviamo in lontananza la costa nord della penisola di Abseron e, dal lato opposto, i palazzoni stile sovietico della periferia di Baku.
Che il fuoco rappresenti il simbolo di questo Paese lo si vede anche nel successivo luogo che visitiamo: il Tempio di Ateshgah, dedicato allo zoroastrismo, la religione dominante in Azerbaigian prima dell’arrivo dell’Islam, che considerava il fuoco fonte di vita ed elemento divino.
Accediamo all’interno di questo complesso risalente al 1700 (seppure alcuni documenti storici sembrano attestare la presenza di un sito già nel 900) e ci troviamo di fronte una serie di edifici con al centro il piccolo tempio, sulla cui sommità si trova una cupola in stile indiano con ai lati quattro piccoli caminetti. Nel bel mezzo vi è un braciere con il fuoco, nel passato alimentato naturalmente come quello di Yanar Dag, mentre oggi sostenuto da una condotta di gas che parte da un vicino giacimento per arrivare fino a Baku. Facciamo un giro all’interno, acquistiamo qualche souvenir appena fuori le mura per poi riprendere il taxi e rientrare in città.
L’ultima sosta la facciamo al moderno e spettacolare centro culturale Heydar Alieyv, un fulgido esempio di architettura contemporanea (è stato inaugurato nel 2012), dalle forme armoniche e sinuose, che ammiriamo da più parti per cercare di gustarne a pieno la bellezza.
La struttura ospita al suo interno una sala conferenze con tre auditorium, una biblioteca ed un museo. Ormai è pomeriggio inoltrato ed il “noleggio con autista” è terminato, pertanto optiamo per farci riaccompagnare in albergo, molto soddisfatti della giornata trascorsa fuori dalla capitale.
Dopo un’altra cena consumata sempre a base di piatti tipici locali presso il Dolma Restaurant che ci lascia pienamente appagati, ce ne andiamo sul lungomare per fare prima una passeggiata, quindi per imbarcarci sul battello per un breve giro a lago della costa che ci permette di ammirare lo skyline della città con le splendide Flame Towers illuminate da un altro punto di vista, romantico e suggestivo allo stesso tempo.
Il giorno seguente ci regaliamo un completo relax al Mambo Beach, un piccolo club situato direttamente sulla spiaggia di Shikhov, località turistica situata a pochi minuti di taxi da Baku, dove facciamo qualche nuotata in piscina oltreché l’immancabile bagno nel Mar Caspio. Il posto è molto carino, curato, non molto affollato di turisti, in larga parte provenienti comunque dalla Russia o dal nord Europa.
Il mare di per sé non ha nulla di particolare se non quello di scorgere all’orizzonte numerose piattaforme petrolifere. La spiaggia è pulita e vi sono comodi lettini sui quali passiamo larga parte della giornata, a parte quando non siamo in acqua.
Per l’ultima cena in Azerbaigian, decidiamo di provare un altro locale, il Qaynana, situato all’interno della città vecchia, che ci aveva precedentemente incuriosito per la presenza di un grande e caratteristico forno in terracotta al cui interno viene cotto il famoso pane armeno, il lavash, realizzato semplicemente con farina di grano tenero, acqua e sale. L’impasto viene appiattito e cotto alle pareti di questa specie di forno e, dopo pochi minuti, servito direttamente ai clienti. La sera, dopo l’ennesima squisita cena, non ci facciamo certo sfuggire l’occasione per un’ultima passeggiata notturna con tanto di gelato sul lungomare, quindi rientriamo in hotel per la notte.
Buona parte del giorno successivo lo trascorriamo a passeggio per la città, ammirando le ultime attrazioni alle quali avevamo dedicato poca attenzione nei giorni precedenti. In particolare visitiamo la zona di Martyrs Alley dalla quale raggiungiamo un ampio Belvedere con tanto di splendida visuale sulla città e sulle vicine Flame Towers.
Il luogo è veramente molto carino, tanto che notiamo essere frequentato da diversi gruppi di turisti, specie orientali, intenti a fotografare ogni angolo del panorama che ammiriamo ai nostri piedi.
Ci gustiamo un ottimo gelato fatto direttamente al momento con frutta fresca e poi scendiamo verso basso con la funicolare per arrivare in prossimità del Museo del Tappeto.
Abbiamo tempo a sufficiente per visitarlo internamente. La struttura è veramente curiosa, a forma di tappeto ed anche l’interno è tondeggiante tanto che diversi manufatti sono “appesi” in maniera non molto ortodossa!!!
Ci sono splendidi esemplari di tappeti ma la parte che più incuriosisce Samuele è quella dove un paio di donne si dedicano all’arte della tessitura, con dedizione, meticolosa premura ed attenzione nel seguire il disegno posto a fianco del telaio.
Ritorniamo in centro per pranzare in un piccolo fast food con cibo locale, dopodiché raggiungiamo la parte antica di Baku per camminare tra il fresco delle mura antiche e soprattutto visitare la Torre della Vergine (Qiz Qalasi in azero), un’antica torre edificata nel 1100, dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco nel 2000 e da allora tra i principali simboli della città.
Parte della cinta muraria dell’antica Baku, la Torre si presenta oggi come un edificio affascinante su cui è possibile salire. Samuele non si lascia scappare l’occasione e dalla sommità possiamo effettivamente osservare il bel panorama della zona circostante.
L’interno ospita un piccolo museo dedicato all’evoluzione della città che, onestamente, ci lascia nel complesso abbastanza indifferenti.
Rimaniamo ancora a passeggio nella parte antica, certamente la più affascinante della città, gustandoci una fresca spremuta di arance seduti in uno dei tanti localini presenti, con tanto di visuale sulla vicina Torre della Vergine.
Nel tardo pomeriggio raggiungiamo con la metro la stazione ferroviaria di Baku dove ci attende il treno notturno per Tbilisi. Alessandro ha prenotato una cuccetta per due persone (io e Samuele) e, non potendo fare altrimenti, un letto in un’altra che si troverà a condividere con un ragazzo di Adana, città del sud della Turchia.
Il viaggio non sarà dei migliori: tra Samuele che ride e mi porta in giro per il mio nervosismo, rallentamenti, accelerazioni, treno non certo ultimo modello e soprattutto una lunga sosta con tanto di controllo dei documenti al confine tra Azerbaigian e Georgia, la notte la passiamo (soprattutto io…) in bianco ma eccoci che a metà mattina scendiamo con il taxi davanti all’Atlant Hotel, dove lasciamo il nostro bagaglio per cominciare la visita della città.
Tbilisi ci fa subito un’ottima impressione, con le sue stradine piene di locali, bar, ristoranti e numerosi negozi di prodotti tipici, a dimostrazione della forte vocazione turistica della capitale della Georgia. Vista l’ora che si è fatta, ne approfittiamo subito per assaggiare qualche specialità del posto, fermandoci a mangiare al Chashnagiri Leselidze, dove proviamo i famosi khinkali, una sorta di grandi ravioli che ordiniamo ripieni al formaggio e dei funghi arrosto anche questi ricoperti di un gustoso cheese.
Le porzioni anche qua sono veramente abbondanti ed i prezzi molto accessibili, fatto questo che riscontreremo sostanzialmente in tutti i locali nei quali mangeremo.
Con lo stomaco pieno ed il caldo asfissiante del primo pomeriggio, optiamo per una comoda gita in barca lungo il fiume Kura, dal quale abbiamo una prima visione del centro storico da un punto di vista molto particolare.
L’impressione positiva che ci eravamo fatti ci viene confermata dalle immagini contrastanti che osserviamo da entrambe le sponde del fiume: è tangibile la mescolanza tra Oriente ed Occidente, tra storia e modernità, centri culturali e luoghi ideali per passare del tempo all’aria aperta.
Appena scesi dal piccolo battello, attraversiamo la centrale Europe Square per inerpicarci lungo una breve strada in salita, sulla cui cima troviamo Metekhi St. Virgin Church, una bella e panoramica chiesa armena che sovrasta il fiume da uno sperone roccioso. L’interno è carino, niente di particolare, ma il panorama che si gode dalle mura a picco sul Mtkvari (o Kura) è veramente molto interessante. A pochi passi dalla chiesa vi è anche l’imponente statua equestre di King Vakhtang Gorgasali, colui che, vuole la tradizione, è stato il fondatore di Tbilisi nonché riorganizzatore della chiesa ortodossa georgiana.
Scendiamo e raggiungiamo il vicino Rike Park, un’ampia area verde situata anch’essa a ridosso del fiume, con panchine, spazi giochi per bambini, chioschi di caffè e la moderna Concert Hall, progettata da Fuksas, dall’aspetto oltremodo stridente rispetto al resto della città per i suoi due “grandi tubi” che contengono al loro interno un teatro ed un’area espositiva.
Sempre all’interno del parco vi l’aerial Tramway, una piccola stazione dove prendiamo la cabinovia che, attraversando il fiume ci porta da Rike Park fino alla fortezza di Narikala. Il viaggio lungo i 500 metri che collega le due zone della città dura pochi minuti ma è esso stesso una piacevole attrazione di Tbilisi: il pavimento della cabina in vetro, il panorama che si ammira dall’alto del centro storico e l’avvicinarsi alla medioevale fortezza rende l’esperienza divertente ed allo stesso tempo eccitante.
Narikala è un antico forte che domina la capitale ed il fiume Kura, costruita nel IV secolo, ampliata dagli Omayyadi nel VII secolo, rinominata dagli invasori mongoli come “Narin Qala” (“Piccola fortezza”) ed oggetto nel corso degli anni di numerosi danni dovuti anche ai frequenti e talune volte devastanti terremoti che si sono succeduti nella zona.
Sostiamo qualche minuto vicino alla piccola stazione della cabinovia per ammirare lo splendido panorama sottostante, dai tetti rossi tipici della città vecchia, al Ponte della Pace con il vicino palazzo presidenziale e, più in lontananza la maestosa Cattedrale della Santissima Trinità.
Percorriamo la stradina che costeggia le mura della fortezza, compriamo un paio di calamite in uno dei chioschi che incontriamo ed in breve siamo ai piedi della grande statua di Kartlis Deda, una scultura alta 20 metri realizzata in alluminio che rappresenta una donna vestita con abiti tradizionali che tiene nella mano sinistra una coppa di vino da offrire a chi entra in città da amico, nella destra invece una spada per difendersi da chi arriva come nemico.
Scattiamo ancora qualche foto panoramica dopodiché raggiungiamo i vicini giardini botanici, un grandissimo parco che di fatto occupa il lato opposto della collina e che rappresenta per la città un vero e proprio polmone verde oltre che un posto incantevole dove rilassarsi e prendere un poco di fresco.
Passeggiamo tra i vialetti ed i sentieri che si intersecano con un piccolo corso d’acqua con tanto di cascata e laghetto per poi uscire dal giardino botanico dall’ingresso situato nella parte bassa, nei pressi della Central Mosque di Tbilisi, l’unica moschea della capitale georgiana, con un solo minareto, luogo di preghiera sia dei musulmani sciiti che sunniti.
Torniamo negli stretti vicoli del centro storico per trovare un ristorante che ci possa ispirare per la sera. Scegliamo un locale tipico, il Tiflis Meidani, dove gustiamo semplici ma generosi piatti della cucina georgiana per poi fare una passeggiata nel centro della movida della capitale prima di rientrare, stanchi ma felici per la giornata appena trascorsa, in albergo.
Il giorno seguente lo dedichiamo interamente ad una escursione nella vicina Armenia, precedentemente prenotata da Alessandro, che raggiungiamo con un’auto a noleggio con tanto di autista/guida.
Per la prima vera sosta occorrono un paio d’ore di tragitto, durante le quali attraversiamo il confine tra i due stati e ci godiamo un panorama fatto in larga parte di campagna, piccoli agglomerati di case semplici e qualche animale da cortile che attraversa la strada con molta disinvoltura.
Arriviamo al monastero-fortezza di Akhtala, un complesso architettonico edificato inizialmente nel X secolo dai Bagratidi come forte a cui è stata aggiunta solo nel XIII secolo una chiesa dedicata alla Madonna (Astvazazin).
Siamo gli unici turisti presenti nel complesso. Facciamo un giro con molta circospezione (purtroppo nessuno dei siti che visiteremo in Armenia ha un minimo di manutenzione) ed osserviamo con curiosità tanto gli antichi affreschi della chiesa che il paesaggio circostante.
Riprendiamo il viaggio per attraversare le strette gole del fiume Debed, tra alte montagne ricche di vegetazione ove spiccano enormi fabbriche di rame ormai abbandonate risalenti al periodo sovietico.
La strada è costellata di buche, dossi ed in un caso anche interrotta per una frana di massi che ha invaso la corsia. Attendiamo non poco prima di riprendere il cammino e raggiungere il Monastero di Haghpat, situato sopra l’omonimo villaggio: poche case dall’aspetto molto semplice, alcune delle quali con l’insegna “bed and breakfast” a significare un, seppur modesto, avvio dell’attività turistica.
Anche questo monastero sembra essere stato edificato nel primo millennio e, a differenza dell’altro, appare molto più “turisticamente sfruttato”, tanto che riusciamo anche ad acquistare qualche souvenir poco prima di entrare.
Nella più grande chiesa del complesso, la Cattedrale di Surb Nishan, tipico esempio di architettura armena, ammiriamo un bell’affresco raffigurante Cristo Pantacratore oltre altri personaggi legati ai fondatori della chiesa.
All’interno del sito ci sono comunque anche altre strutture come ad esempio la torre campanaria che, con il suo particolare aspetto a tre livelli, l’ultimo dei quali con una loggia sorretta da sette colonne, ci incuriosisce non poco. Terminiamo la visita entrando nella piccola chiesa a cupola di San Gregorio e scattando foto al complesso da diversi punti di vista.
Rimaniamo in tutto un’ora abbondante all’interno del Monastero, sicuramente tra le principali attrazioni dell’Armenia tanto da essere stato inserito nella lista dei beni protetti dall’Unesco, insieme al vicino Monastero di Sanahin, che visiteremo più tardi.
È infatti ormai giunta l’ora di pranzo e siamo curiosi di conoscere dove ci porterà il nostro autista/guida. La sorpresa è presto svelata: fatti pochi chilometri, raggiungiamo una piccola abitazione, in aperta campagna, con giardino, piante da frutto, orto ed una curata veranda dalla quale si gode uno splendido panorama sulla valle sottostante.
Ci accoglie la padrona di casa, molto gentile e cortese che, dopo i convenevoli di rito, ci fa accomodare a tavola per il pranzo, cominciandoci a portare numerose portate di verdure, formaggi tipici, varie frittatine e soprattutto uno squisito ed abbondante arrosto di maiale con patate cotto allo spiedo che ci sazia completamente.
Rimaniamo qualche minuto a cercare di parlare con la signora ma la lingua purtroppo è un ostacolo insormontabile e, dopo averle più volte fatto i complimenti per la casa ma soprattutto per il buon cibo, riprendiamo la nostra gita alla volta del Monastero di Sanahin.
Lungo il breve tragitto ci fermiamo per un veloce sguardo al piccolo paese di Alaverdi, con la sua funivia abbandonata a poche centinaia di metri da un vecchio distributore di benzina anch’esso da decenni lasciato all’incuria ed alle intemperie che sembra riportarci all’epoca del dominio sovietico su questi territori.
Il Monastero di Sanahin è più piccolo, richiede meno tempo per la visita ma rimane comunque molto interessante se non altro per essere considerato il tipico esempio di architettura religiosa armena del X secolo.
Visitiamo il complesso, costituito da edifici che comunque risalgono a periodi diversi partendo dal più grande (la chiesa di S. Amenaprkitch – Santo Redentore), fino al più piccolo nonché più antico, la chiesa di S. Astvatsatsin (Santa Madre di Dio) risalente all’anno 951 con la sua gavit, la cappella rotonda di S. Gregorio, una accademia, una campana torre ed una biblioteca.
L’ultima sosta in terra armena la facciamo al Museo Mikoyan, una piccola esposizione dedicata al progettista del primo jet da combattimento russo, il MiG, ed a suo fratello che divenne presidente del Presidium del Soviet Supremo.
La parte più interessante del museo è senza dubbio la presenza del vero e proprio MiG di epoca sovietica all’esterno della struttura dove sono invece esposti su due piani diversi cimeli storici dei due fratelli con tanto di foto celebrative alcune delle quali con Stalin, ma che nel complesso, non ci ha molto entusiasmato.
Nel tardo pomeriggio siamo nuovamente a Tbilisi, soddisfatti per la gita effettuata e per aver conosciuto un’altra realtà molto differente da noi ma anche dalla stessa Georgia, seppur i chilometri che dividono la capitale dall’Armenia non sono molti.
Approfittiamo delle lunghe giornate di fine giugno per continuare ad esplorare la città, raggiungendo con una breve passeggiata dal nostro albergo la base della funicolare di Mtatsminda, costruita nel 1905 e rimessa in funzione nel 2012, che unisce la parte bassa di Tbilisi alla cima dell’omonima collina, sormontata dalla torre della televisione alta 210 metri e visibile da ogni angolo della capitale.
Il panorama che godiamo dall’alto è superbo e man mano che la città inizia ad illuminarsi, diventa sempre più suggestivo. Numerose le famiglie a passeggio nella zona, molte delle quali probabilmente provenienti dal vicino Mtatsminda Park, un parco divertimenti tra i più visitati dell’intera Georgia.
Per la cena preferiamo tornare in centro piuttosto che fermarci nel ristorante Funicular che ci appare abbastanza caro in relazione al menù offerto (sicuramente si paga la splendida posizione…). Optiamo per mangiare all’aperto, visto il clima favorevole, e la scelta ricade su Stalzenhaus, uno dei tanti locali che offre cibo tipico a buon prezzo.
Il giorno successivo facciamo ancora un’escursione fuori Tbilisi, sempre organizzata preventivamente da Alessandro via internet, per visitare alcune interessanti località della Georgia, tutte comunque a breve distanza dalla capitale. Partiamo di buon mattino e questa volta abbiamo anche un giovane autista che parla un ottimo inglese; di contro, per la prima volta nel corso della vacanza, il clima non ci assiste: per l’intera giornata ci accompagnerà una fastidiosa pioggia fintanto che non torniamo a Tbilisi.
La prima tappa è Uplistsikhe, un’antica città scavata nella roccia situata sulla riva sinistra del fiume Mtkvari, considerata dagli archeologi come uno dei più antichi insediamenti urbani della Georgia essendo stato fondato nella tarda età del bronzo, intorno al 1000 a.C..
Nel corso dei secoli l’attività di scavo è proseguita fintanto che venne creata una vera e proprio fortezza rupestre a difesa di quello che, in particolare durante il V e IV secolo a.C., era divenuto uno dei principali centri commerciali e religiosi del regno di Iberia che, insieme alla Colchide, costituiva l’odierna Georgia.
Camminiamo con molta attenzione tra le rocce, spesso percorrendo sentieri impervi e talvolta scivolosi ma soprattutto ammirando nel contempo le grotte dove viveva la popolazione.
Tra i tanti punti d’interesse, quelli che ci colpiscono maggiormente sono il teatro, risalente al II-III secolo d.C. con tanto di soffitto decorato, e la Queen Tamar’s Hall, la grotta più grande del sito archeologico con la stanza principale che presenta un insieme di ben tre archi distinti.
Samuele è quello che cammina più spedito di tutti e spesso ci precede lungo il percorso. Per lui comunque la cosa che più lo incuriosisce sono le prigioni del tempo: delle buche profonde decine di metri dove veniva calato il galeotto, situate nel centro del complesso in maniera che tutti potessero vedere le sofferenze patite da chi aveva commesso un crimine!!! In cima alla città troviamo in ultimo una piccola chiesa ortodossa, l’unico edificio costruito e non scavato nella roccia.
Ridiscesi al parcheggio, proseguiamo poi l’escursione fino ad arrivare alla città di Gori, conosciuta per essere stato il luogo di nascita di Stalin e dove tutt’ora è visitabile la sua casa natale, divenuta un museo con foto, oggetti e cimeli della vita di quest’uomo che ha di fatto guidato l’URSS per quasi trent’anni, dagli anni ’20 fino alla sua morte avvenuta nel 1953.
La visita è in effetti molto interessante, con la guida che ci illustra puntualmente i momenti salienti della storia sovietica e degli equilibri mondiali in essere prima, durante e dopo l’avvento di Stalin.
Una curiosità: appena fuori dalla casa, peraltro molto visitata dai turisti, vi è il vagone personale del dittatore russo, il suo mezzo preferito per spostarsi, non amando gli aerei, ai quali preferiva di gran lunga i treni. Visitiamo l’interno, con la lussuosa cuccetta personale, lo studio, il bagno ed altre zone a lui riservate.
Riprendiamo quindi la via del ritorno per fermarci lungo la strada in un caratteristico ed elegante ristorante, dove gustiamo dell’ottima carne alla brace, situato a ridosso di un torrente con intorno un bel panorama, purtroppo in parte rovinato dalla pioggia persistente.
Risaliti in auto facciamo solo pochi chilometri ed eccoci al famoso Monastero ortodosso di Jvari, situato su una collina a ridosso della confluenza dei fiumi Aragvi e Mtkvari, un luogo veramente incantevole, tanto da essere incluso nei patrimoni dell’umanità dall’Unesco nel 1994.
All’interno troviamo una grande croce eretta secondo la tradizione da Santa Cristiana, evangelizzatrice della Georgia, su quello che era il sito di un tempio pagano, con quattro absidi, uno per ogni direzione. L’esterno della chiesa è stato in parte fortificato con un muro nel basso medioevo, tutt’ora in parte visibile, seppure la struttura nel suo complesso si vede esser stata purtroppo erosa dal tempo e soprattutto dagli agenti atmosferici.
Visitiamo in ultimo Mtskheta, una delle città più antiche della Georgia di cui è stata la capitale per circa 800 anni fino al V secolo d.C..
Qui all’interno delle mura medievali, si trova la Cattedrale di Svetiskhoveli, molto importante sia per gli ortodossi che per i cattolici perché, secondo la tradizione, luogo in cui sarebbe stata sepolta la tunica di Gesù. Tutt’intorno troviamo numerosi negozi di souvenir, prodotti tipici e ristoranti, segno di quanto ancora oggi la città sia importante a livello economico per la nazione, essendo peraltro uno dei luoghi più visitati dai turisti.
Nel tardo pomeriggio siamo nuovamente nella capitale, pronti per trascorrere il resto della giornata ovviamente in centro, passeggiando per le caratteristiche vie piene di gente, curiosando tra le numerose botteghe di prodotti locali e soprattutto fermandoci a visitare alcuni luoghi interessanti, come ad esempio la Cattedrale della Dormizione comunemente conosciuta come Sioni, per lungo tempo chiesa principale della città ed oggi comunque importante punto di riferimento per tutta la comunità ortodossa.
Visitiamo poi la caratteristica Torre dell’Orologio, costruita nel 2010 da Rezo Gabriadze ed in breve divenuta un’altra delle principali attrazioni della capitale.
Curiosa la struttura della torre, splendidamente decorata, sulla cui cima vi è un “mini teatro” delle bambole che, due volte al giorno, mostra un breve ma simpatico spettacolino sul “ciclo della vita”.
Per la cena come sempre ci affidiamo ad un ristorante tipico, il Bread House, carino, buono ma forse quello che meno ci ha entusiasmato tra quelli provati a Tbilisi.
Il giorno seguente lo trascorriamo ovviamente in giro per la capitale, essendo ancora molte le attrazioni che vogliamo visitare in questa interessante città, vero e proprio crocevia tra oriente ed occidente.
Appena consumata la colazione, ci facciamo subito portare da un taxi presso la Cattedrale ortodossa della Santissima Trinità, la principale di Tbilisi, terminata di costruire solo nel 2004, facilmente visibile da ogni angolo della città per la sua cupola dorata ma soprattutto per la sua imponenza e maestosità (è la terza chiesa ortodossa più alta al mondo).
Ci soffermiamo anche all’interno, moderno, carino, ma niente di particolare rispetto ad altri luoghi di culto visitati in tante altre parti del mondo.
Prendiamo poi un altro taxi per dirigerci alla periferia di Tbilisi, dove ci attende una zona molto frequentata da turisti ma soprattutto dalla gente del luogo, specie durante i fine settimana: il Turtle Lake, un piccolo laghetto nel quale è anche possibile fare il bagno.
Notiamo con piacere come lo specchio d’acqua sia circondato da un’area verde facilmente accessibile a tutti nella quale poter praticare molti sport, giochi, semplicemente rilassarsi o godere dei tanti ristorantini per mangiare a pochi metri dalla riva.
Facciamo una lunga passeggiata senza purtroppo incontrare le tartarughe che danno il nome a questo bel luogo (sembra se ne vedano molte la mattina presto), dopodiché visitiamo il vicino museo etnografico della cultura georgiana. Si tratta di un particolare museo all’aperto, dove vi sono decine di case che rappresentano la tradizione locale suddivisa per periodi storici e per le varie regioni che compongono il Paese. In alcune di queste è anche possibile assistere a lavorazioni tipiche come ad esempio quelle dell’olio e della tessitura.
Per pranzo torniamo in centro e decidiamo di gustarci ancora una volta gli squisiti chinkali sulla terrazza del ristorante Machakhela, proprio sopra alla scritta “I love Tbilisi”, con tanto di panoramica vista sul Rike Park e sulla bella Metekhi St. Virgin Church.
Appena mangiato raggiungiamo la vicina e splendida zona di Abanotubani, con le sue terme. Non abbiamo tempo né voglia di provarle ma passeggiare tra i “tetti” di questi bagni arabi sotterranei Samuele lo trova molto divertente!
Pochi passi ed eccoci a Legvtakhevi, uno dei quartieri più antichi della città, dove costeggiamo il fiume Tsavkisistskali, un piccolo corso d’acqua che attraversa una specie di gola, denominata per l’appunto “gola dei fichi”, in georgiano legvtakhevi.
Qui sembra di essersi immersi in un fantastico canyon, che attraversiamo zigzagando da un lato all’altro del fiumiciattolo grazie ad una passerella sopraelevata in legno fintanto che arriviamo al termine del percorso, dove ci attende una bella cascata d’acqua che scende dal giardino botanico.
Veramente un angolo di Tbilisi molto particolare, affascinante e soprattutto diverso dal resto della città, seppur distante poche decine di metri da essa.
Torniamo nella parte vecchia, con le caratteristiche case con i balconi in legno colorate che attraversiamo e pian piano risaliamo verso l’antica fortezza. Questa volta abbiamo infatti intenzione di visitarla internamente seppure larga parte della struttura è in completa rovina ed occorre prestare molta attenzione nel non cadere, specie in alcune parti che non sono state messe in sicurezza.
Scattiamo qualche foto, ammiriamo ancora una volta uno splendido panorama della città da un altro punto di vista, dopodiché scendiamo per le stradine scoscese fintanto che non ci ritroviamo davanti la scenografica Cattedrale armena di San Giorgio, tanto carina esternamente quanto in parte deludente all’intero.
Prima di proseguire nella visita della città, facciamo una breve sosta in uno dei tanti baracchini che si incontrano, dove io e Samuele ci gustiamo una fresca spremuta di melograno mentre Alessandro opta per un gelato al…vino, esatto al vino, a suo dire molto buono!
Siamo poi incuriositi dalla pubblicità che vediamo da ogni parte del Museo delle Illusioni e, visto che è ancora presto per la cena e non è per nulla distante da dove ci troviamo, decidiamo di farci un salto.
Si tratta di un piccolo ma particolare museo interattivo, adatto per bambini ma anche per adulti, dove sperimentiamo diversi giochi di specchi, di luce, ottici e soprattutto di prospettiva. Ci rimaniamo circa un’ora e, nonostante il prezzo non molto economico del biglietto, rimaniamo soddisfatti di aver fatto questa visita non certo programmata.
Per la cena decidiamo di affidarci sempre alla cucina locale, ma di cambiare ancora una volta destinazione. È la volta del Maspindzelo, un ristorante semplice e pulito che ci offre piatti gustosi ed abbondanti con musica dal vivo.
La mattina seguente abbiamo poco tempo per ultimare la visita della città prima di doverci recare in aeroporto. Ne approfittiamo per fare un salto nella vicina Liberty Square, cuore commerciale di Tbilisi, con al centro la Statua di San Giorgio, posta in cima ad una colonna di 35 metri di altezza.
A mio avviso questa è la parte meno interessante della capitale, quella più moderna, trafficata e meno frequentata dai turisti, nonostante la presenza di palazzi storici ed architettonici di rilievo come quello che ospita il Parlamento georgiano (davanti al quale troviamo una folla di giovani che protestano per l’arresto di numerose persone legate a questioni politiche interne).
Preferiamo di gran lunga la vecchia Tbilisi e per questo ritorniamo ancora una volta al centro, passeggiando addirittura fino alla suggestiva cascata nel quartiere Legvtakhevi, per poi dirigerci dall’altra sponda del Kura per poter riammirare il panorama della fortezza Narikala vista dal basso.
Camminiamo nel Rike Park, sempre pieno di giovani e mamme con bambini piccoli al seguito, quindi ci fermiamo a scattare qualche foto al Palazzo Presidenziale posto poco sopra, non visitabile, e con la cupola in vetro che tanto ci riporta alla mente il Reichstag di Berlino.
Attraversiamo per un’ultima volta il Ponte della Pace, progettato dall’architetto italiano Michele De Lucchi ed inaugurato nel 2010. Altro simbolo dell’apertura della città all’occidente e ad uno stile più moderno, fa da contraltare alla splendida e ricca storia dei secoli passati ben rappresentata dal vecchio centro cittadino.
Il ponte è una passerella pedonale con copertura apparentemente sospesa costituita da una membrana sinusoidale composta di tubi in acciaio e elementi in vetro di forma triangolare, molto scenografico, in particolare durante la notte quando viene sapientemente illuminato, e che ben si integra con la vicina Rike Concert Hall.
Non possiamo permetterci di arrivare tardi in aeroporto e, anche se a malincuore, torniamo in albergo per riprendere i bagagli e lasciare la città alla volta dell’aeroporto.
Nonostante l’entusiasmo di Alessandro nel propormi questa gita, subito assecondato da Samuele, inizialmente ero molto ma molto scettica nell’accettare. I posti non mi ispiravano ed anche le condizioni di sicurezza pensavo fossero precarie. In realtà mi sono dovuta ricredere su tutti i fronti: entrambe le città sono tranquillamente visitabili, non abbiamo notato nulla di diverso rispetto a quanto si vede nelle nostre città, anzi…
Baku è sicuramente una capitale ancora poco conosciuta ma che è in forte sviluppo, Tbilisi ha invece già confidenza con il turismo, seppure non ancora di massa. Entrambe, a nostro avviso, hanno molto da offrire, sia sotto l’aspetto storico che culturale ed artistico, i prezzi sono accessibili e la cucina di buona qualità!!!
Un viaggio che ci ha per questo molto soddisfatti e che speriamo di poter ripetere magari fra qualche anno, abbinandoci anche altre località vicine ancora non visitate.