2018 – Israele e Palestina
Quest’anno abbiamo deciso di trascorrere il Natale in Terrasanta, luoghi da noi mai visitati prima, ricchi di storia, cultura, tradizioni ed anche dal clima più mite rispetto all’Italia.
Partiamo con un volo diretto per Tel Aviv e dopo esserci sistemati all’hotel Royalty Suites, piccolo ma accogliente albergo direttamente situato sul lungomare, usciamo alla volta della scoperta della città.
Un famoso detto israeliano recita: “Gerusalemme prega, Tel Aviv si diverte”. La metropoli israeliana, unita di fatto alla vecchia città di Giaffa è infatti il centro più vivace di Israele, multiculturale, pieno di giovani con tanta voglia di divertirsi e principale polo economico e finanziario del Paese.
Dal momento che il nostro hotel è situato di fronte a Gordon Beach, iniziamo la vacanza con una lunga e piacevole passeggiata alternando tratti di spiaggia a pezzi percorsi sull’ampio marciapiede che la costeggia.
Tutto il litorale è ben tenuto, pulito, ordinato e pieno di locali, bar e luoghi di ritrovo che durante la bella stagione saranno sicuramente molto affollati.
Samuele rimane colpito in particolare da Frishman Beach, con i suoi numerosi campi di beach volley presenti, tanto da paragonarla subito con la più famosa “Miami Beach”. Notiamo come tutte le strutture presenti (non solo i suddetti campi, ma anche mini palestre ed aree giochi per bambini) siano perfettamente curate, con utilizzi gratuiti permessi a tutti.
La spiaggia è ampia e sabbiosa fintanto non si arriva ad Aviv Beach, dove incontriamo un breve tratto con scogli e rocce, dalle quali facciamo qualche foto al promontorio di Giaffa che, man mano che camminiamo si avvicina sempre più ai nostri occhi.
Dopo aver attraversato un giardino a ridosso del mare dove Samuele si ferma ad osservare diversi ragazzi intenti a giocare a calcio in un ampio spiazzo verde e, successivamente, la spiaggia Charles Clore, eccoci di fatto arrivati nella parte vecchia di Giaffa, che ci accoglie in un’atmosfera calda, solo vagamente natalizia (se non altro per il grande albero decorato situato di fronte alla Clock Tower).
Prima di andare a cena abbiamo solo il tempo di fare un giro per il vivace quartiere a ridosso della Yossi Carmel Square, pieno di botteghe artigiane, negozi di souvenir e ristoranti dall’aspetto più o meno invitante.
Dopo qualche indecisione, Samuele opta per fermarci a mangiare da Dr Shakshuka, un ristorante molto turistico ma altrettanto caratteristico, dal servizio veloce ed informale.
Tel Aviv è una città molto affascinante ma è anche un’ottima base per diverse escursioni tra le quali optiamo per quella di Gerusalemme e Betlemme.
L’indomani mattina, di buon’ora, ci facciamo trovare pronti davanti al nostro albergo dove, puntualmente, ci passa a prendere il pullman già mezzo pieno di turisti per portarci a visitare queste due città dalla storia millenaria.
Prima tappa è Betlemme e, appena scesi dal mezzo e percorse poche decine di metri, ci troviamo proprio nel bel mezzo dei preparativi per la notte di Natale, con le vie della città affollate di ragazzi che sfilano in corteo, cantando e suonando musiche natalizie.
Vi è anche molta polizia e Samuele ne è molto colpito perché alcuni sono davvero ragazzi giovani, che avranno al massimo qualche anno in più di lui.
Entriamo nella Basilica della Natività cui si accede attraverso una piccola porta che ci dice la guida serviva ad invitare il pellegrino al rispetto ed al raccoglimento del sacro luogo al quale stava appropinquandosi.
La basilica, nominata dall’Unesco patrimonio mondiale dell’umanità nel 2012, è costituita dall’unione di due chiese e da una cripta, la grotta della Natività, ovvero il luogo dove, secondo la tradizione, sarebbe nato Gesù.
La struttura religiosa, al suo interno, è divisa in cinque navate da quattro ordini di colonne in pietra rosata, sulle quali sono ancora visibili tracce delle antiche decorazioni pittoriche. Poco dopo l’ingresso, sul lato orientale della basilica, sopra la Grotta della Natività che purtroppo non riusciamo a visitare a causa di una lunga coda di persone in attesa di entrare, vi è il martyrium, una costruzione ottagonale al centro del quale, tramite un ampio foro circolare, è comunque possibile guardare all’interno della sottostante grotta.
Nel complesso della basilica, troviamo anche la Chiesa di Santa Caterina, in passato un vecchio convento francescano, ricostruito nel 1882 con l’aiuto dell’imperatore d’Austria, sotto il quale vi sono una serie di grotte che visitiamo sempre accompagnati dalla nostra guida.
Partiamo dalla Grotta degli Innocenti, dedicata ai bambini che furono vittime della strage ordinata da Erode per poi passare all’altare consacrato in onore di San Giuseppe dove, sempre secondo la tradizione, l’angelo gli sarebbe apparso in sogno dicendogli di fuggire in Egitto per salvare il bambino.
Proseguiamo e, dopo una serie di ambienti dedicati a San Girolamo, un Santo che visse qui in povertà traducendo la Bibbia dal testo ebraico a quello latino, arriviamo di fronte ad una porta, sempre chiusa, al di la della quale vi è la Grotta della Natività.
Prima di lasciare il complesso della Basilica, visitiamo anche il cortile interno, circondato da splendide terrazze coperte con colonne in pietra con in mezzo un piccolo ma piacevole giardino con aranci.
Riprendiamo la passeggiata per le vie affollate della piccola città palestinese per fermarci da Akram Anastas Souvenirs, dove oltre a bere un caldo bicchiere di the acquistiamo qualche piccolo ricordo di Betlemme.
Curioso il locale Stars & Bucks situato lungo la strada principale, dai medesimi colori (e forse prodotti…) della ben più famosa catena statunitense di caffè Starbucks.
Nel lasciare la città, con il pullman passiamo di fronte all’albergo Walled Off, l’hotel famoso per essere quello “con la peggior vista al mondo” trovandosi a soli 5 metri dal muro che divide i territori palestinesi da Israele, voluto ed inaugurato dal celebre e misterioso artista Banksy.
Facciamo pochi chilometri, attraversiamo la triste frontiera che non solo separa due regioni ma spesso è sinonimo di confine tra ricchezza e povertà e raggiungiamo la capitale dello Stato di Israele: Gerusalemme, la città Santa.
La prima sosta la facciamo alla sommità del Monte degli Ulivi, luogo nel quale, si narra, Gesù, dopo essere risorto, fece la sua ultima processione. Il nome del monte deriva dalla presenza di numerosi alberi di ulivo che crescono da millenni sulle sue pendici. La guida ci spiega come il luogo abbia un’importanza fondamentale sia per gli ebrei che per i cristiani: per i primi rappresenta il più antico cimitero di Gerusalemme nonché posto prescelto da Dio per il giorno del Giudizio, per i secondi è invece testimone di molti momenti della vita di Gesù.
La vista che si gode dall’alto è veramente splendida, con Gerusalemme che si staglia di fronte ai nostri occhi con in primo piano la Cupola della Roccia e le vecchie mura di cinta della Città Santa.
Costeggiamo il Giardino di Getsemani, dove Gesù fu catturato ed arriviamo con il pullman nelle vicinanze del Temple Mount, dal quale rimaniamo colpiti della vista della enorme densità di pietre tombali che di fatto ricoprono interamente il versante occidentale del Monte degli Ulivi.
Scesi dal pullman, entriamo nella Old City attraverso la Porta di Sion e, dopo numerose raccomandazioni rivolteci dalla guida sulla necessità di stare sempre in gruppo, vicini, senza fermarsi ad acquistare nulla, senza deviare dal percorso, ecc.ecc (effettivamente la città è un vero e proprio labirinto e perdersi è veramente molto facile), ci fermiamo a mangiare una gustosa pita farcita con verdure e delle saporite falafel in uno dei numerosi ristorantini con tavoli all’aperto che si incontrano in ogni angolo della città.
Riprendiamo con piacere la visita partendo dalla Basilica del Santo Sepolcro, nella quale secondo la tradizione cristiana vi è la tomba dove furono deposte le spoglie di Gesù dopo la crocifissione.
La chiesa venne costruita a partire dal 326 per volere di Sant’Elena, madre di Costantino, più volte restaurata nel corso degli anni a causa di incendi, terremoto e devastazioni varie, oggi viene gestita (caso più unico che raro) in accordo da diverse confessioni religiose: quella greco-ortodossa (che ne occupa la parte più grande), cattolica, armena, siriana e copto-egiziana (quella cui spetta un minuscolo spazio alle spalle dell’edicola della tomba) ed in ultimo a quella della chiesa etiope, alla quale spetta solo una parte esterna dell’edificio, posta sul tetto della chiesa stessa. Queste confessioni sono quelle che ritengono il luogo del Santo Sepolcro come quello autentico in cui Cristo è stato crocefisso, deposto dalla Croce e sepolto prima di risorgere.
Appena entrati incontriamo la Pietra dell’Unzione, dove il corpo di Cristo fu preparato per la sepoltura e più avanti una ripida scaletta conduce alla Cappella del Calvario, elevata di circa 5 metri sopra il pavimento e, secondo la tradizione, luogo dove sorgeva la croce.
Usciti dalla basilica, percorriamo le tappe della Via Dolorosa o Via Crucis, la strada in cui Gesù, partendo dalla Chiesa della Flagellazione, portò la croce fino a giungere appunto il luogo della crocifissione. La guida ci narra per ogni stazione il significato e la tradizione della stessa e, indipendentemente dall’essere credenti o meno, la spiegazione risulta senza dubbio molto interessante.
Gerusalemme è la città simbolo delle tre grandi religioni monoteiste (Islam, Cristianesimo ed Ebraismo) ma purtroppo la Cupola della Roccia non è accessibile ai visitatori non musulmani.
I luoghi di culto ebraici invece sono tutti visitabili e, dopo un accurato controllo tramite metal detector entriamo in quello più sacro dell’Ebraismo: la piazza antistante il famoso Muro del Pianto. Tecnicamente il muro non è altro che la sezione occidentale, unica parte superstite, dell’antico Tempio di Gerusalemme, distrutto dai soldati romani nel 70 d.C. e mai più ricostruito. La distruzione del tempio ha significato per il popolo ebraico l’inizio della diaspora e la perdita del luogo di culto, che simboleggiava l’unità culturale e religiosa della popolazione. Da più di 1900 anni quindi gli Ebrei vanno in pellegrinaggio al Muro del Pianto, dove pregano e piangono il loro duplice lutto (la distruzione del tempio e la diaspora).
Noi donne ci dirigiamo nella parte destra mentre gli uomini a sinistra con Samuele ed Alessandro che si mettono in testa una kippah. Gli ebrei pregano con devozione toccando il muro e facendo inchini mentre molti depositano tra le fessure del muro dei foglietti con le loro preghiere per poi allontanarsi senza mai voltare le spalle e sempre facendo inchini in segno di rispetto ed adorazione.
Prima di lasciare Gerusalemme facciamo un’ultima passeggiata tra le strette ed anguste vie della città, divisa in quattro quartieri (ebraico, musulmano, cristiano ed armeno), molto differenti tra loro ma tutti accomunati dal medesimo fascino ed interesse storico-culturale.
Usciamo dalla Old City questa volta attraversando la Porta di Giaffa e, ripreso l’autobus, facciamo rientro in serata a Tel Aviv dove ci gustiamo un’ottima cena da Meatos Street Food con hummus, pita e carne arrosto.
Il giorno seguente è Natale e decidiamo di rimanere in città per poterla visitare a fondo, partendo dalla zona moderna, con una passeggiata lungo la bella e alberata Boulevard Rothschild, una delle strade più iconiche di Tel Aviv, che collega Neve Tzedek con Habima, il teatro nazionale di Israele. Sul viale incontriamo diversi edifici Bauhaus, ristoranti, caffè, e persone che si godono il clima mite seduti sulle ombreggiate panchine.
Raggiungiamo quindi Neve Tzedek, il più antico quartiere ebraico di Tel Aviv, una sorta di piccolo villaggio con la sua via principale, Shabazi Street, ai cui lati sorgono numerose gallerie d’arte, enoteche e locali che sembrano essere molto frequentati ad ogni ora del giorno e della notte.
Ci dirigiamo quindi nella vivace Rabin Square, situata vicino al palazzo del comune di Tel Aviv, con al centro il memoriale di Yitzchak Rabin, il leader israeliano che proprio qui venne assassinato nel 1995.
Ci fermiamo a mangiare una pita ripiena con piccanti falafel in un piccolo ristorantino del centro dopodiché, ritornati sul lungomare, raggiungiamo Giaffa, antica città terrazzata che oggi fa parte a tutti gli effetti del distretto di Tel Aviv.
Ci ritroviamo in breve nel dedalo di vie piene di negozi, artigiani, locali e piccole botteghe dove si vende di tutto, da oggetti vintage a marchi di nicchia o ricercatissimi accessori: siamo nel famoso Flea Market, una sorta di mercato delle pulci molto affollato di turisti ma anche di abitanti del luogo.
Passiamo di fronte ad Abulafia, la panetteria più famosa di tutta Tel Aviv, dove ne approfittiamo per gustare l’halva, un tipico dolce della cucina israeliana, dal sapore comunque abbastanza mielato che non soddisfa soprattutto Alessandro.
Saliamo poi verso la città vecchia di Giaffa, molto affascinante con il suo stile arabo, le vie acciottolate, i suoi gradini ed i vicoletti in pietra dai quali si possono ammirare splendidi scorci del mare o della moderna città di Tel Aviv che lasciamo ormai alle nostre spalle.
In questa zona ci imbattiamo anche nel particolarissimo “albero sospeso”, un’opera di uno stravagante artista israeliano, che consiste in un albero di arance contenuto all’interno di un grande vaso di terracotta (a forma di arancia allungata) tenuto sospeso da tre cavi di acciaio in una piccola piazza circondata da case in tufo.
Un luogo molto affascinante e panoramico di Giaffa è il Ponte dello Zodiaco, dove la leggenda narra che poggiando la mano sul proprio segno zodiacale e guardando il mare si realizza un desiderio. Da qui si gode anche una bellissima vista dello skyline della moderna Tel Aviv.
Proseguiamo verso il lungomare della città vecchia per ammirare la roccia di Andromeda, una roccia di color scuro a pochi metri dalla costa, legata alla mitologia greca secondo la quale, proprio in questo luogo, Perseo salvo la principessa Andromeda, incatenata alle rocce come vittima sacrificale offerta ad un terribile mostro marino, per poi sposarla.
Risaliamo verso la città vecchia per raggiungere prima la casa di Simone il Conciatore dove, secondo la tradizione, visse per un periodo San Pietro e poi il Monastero dello stesso San Pietro, costruito dagli spagnoli alla fine del 1800 sui resti medioevali della cittadella edificata da Luigi IX, re di Francia nel 1250.
Torniamo nella zona del Flea Market che è ormai sera e, dopo un paio di foto scattate alla Torre dell’Orologio, ci dirigiamo per cena nel quartiere di Florentin. Ci è infatti stato suggerito dal personale del nostro albergo un piccolo ma caratteristico ristorante con specialità tipiche locali: Saluf and Sons. Il locale è pieno e ci fanno accomodare sul bancone del bar per non dover aspettare troppo tempo!!! In compenso il cibo è ottimo ed i prezzi accettabili (tenendo conto dei prezzi del posto…ovviamente).
Il mattino seguente siamo pronti a partire alla scoperta di altri luoghi di Israele: abbiamo infatti prenotato un’escursione che ci condurrà prima a Masada, poi all’oasi di Ein Gedi ed in ultimo sul Mar Morto.
Masada, era un’antica fortezza che si ergeva a 400 metri di altitudine sul Mar Morto, circondata da mura alte 5 metri con una quarantina di torri di 20 metri di altezza che la rendevano di fatto inespugnabile ai nemici.
L’unico punto di accesso era peraltro un impervio sentiero, chiamato “del serpente” per i numerosi e scoscesi tornanti, estremamente difficile da percorrere per la fanteria. La cittadella, fatta ulteriormente fortificare da Erode il Grande tra il 37 ed il 31 a.C., era dotata di magazzini sotterranei, terme, ampie cisterne per l’acqua e numerosi altri servizi all’avanguardia per l’epoca.
Ciononostante Masada nel 74 d.C. venne posta sotto assedio dai romani che riuscirono a costruire un’imponente rampa di accesso, tutt’ora visibile, che consentì alle truppe invasori di arrivare sotto le mura e di sgretolarle per mezzo degli arieti. Prima che però i romani potessero entrare nella città, dopo comunque 3 anni di assedio, l’intera comunità degli Ebrei Zeloti, pur di non consegnarsi al nemico, si suicidò collettivamente!
Attualmente si può raggiungere il sito a piedi, percorrendo il Sentiero del Serpente o con la funivia e noi, che abbiamo poco tempo, scegliamo quest’ultima opzione.
Dall’alto ammiriamo non solo l’impervia strada ma lo splendido deserto circostante con sullo sfondo il Mar Morto.
Una volta giunti nella cittadella visitiamo come prima cosa il Palazzo di Erode che era la villa del re che disponeva al suo interno addirittura delle terme private, grazie ad un ipocausto che consentiva di scaldare tutta la stanza mediante fuochi ardenti vicino all’apertura del pavimento inferiore.
Passeggiamo all’interno del sito, dove numerose rovine sono state ricostruite da esperti archeologi al fine di trasmetterci quanto più possibile del loro originario stato. E così troviamo resti della vecchia sinagoga, delle case, dei bagni rituali (in ebraico mikvah) dove gli zeloti si immergevano, di un’antica cisterna d’acqua e di tante altre costruzioni tutte perfettamente funzionali per la vita dell’epoca.
Nonostante sia dicembre inoltrato, il clima è torrido e necessitiamo di bere continuamente per non disidratarci oltreché spalmarci la crema solare per non scottarci. La guida a tal proposito ci conferma come, in piena estate, sia di fatto quasi impossibile visitare il sito ed il rischio di prendersi un’insolazione è veramente molto alto.
Da più punti della cittadella ammiriamo il panorama circostante e la vista è sempre spettacolare. Peccato non poterci trascorrere maggior tempo!
Ridiscesi sempre con la funivia e ripreso il pullman, veniamo condotti all’Oasi di Ein Gedi, situata sulla costa del Mar Morto, dove il clima è decisamente migliore, grazie anche al refrigerio che si gode stando immersi nella natura.
Qui infatti percorriamo alcuni sentieri facilmente praticabili con scarpe da tennis, fino a raggiungere la Cascata di Davide, un rivolo d’acqua che cade da un’altezza di qualche decina di metri nella stretta e rigogliosa gola di questo lungo canyon.
Prima di lasciare l’oasi, Samuele incontra anche alcuni stambecchi, tipici del luogo, oltre a piccoli roditori, che se ne stanno tranquilli e per nulla intimoriti a pochi passi da noi.
Lasciamo l’oasi che è ormai primo pomeriggio e, dopo pochi chilometri, raggiungiamo finalmente un resort con tanto di ristorante, bar e vari negozi situato direttamente sul Mar Morto.
Dopo un veloce pranzo, ci mettiamo in costume e scendiamo in spiaggia per immergerci nelle magiche acque di questo “lago salato” che permettono di stare a galla senza nuotare!
Come tutti sanno, tale particolarità è dovuta all’elevato contenuto di sale di queste acque (si tratta della più grande depressione del pianeta, ben 427 metri sotto il livello del mare) dal colore non proprio cristallino né trasparente ma (almeno) per nulla fredda!
Prima di fare il bagno ci si può cospargere il corpo del “fango” presente a riva. Lo facciamo, prendendo spunto dagli altri turisti presenti ed effettivamente, appena usciti dall’acqua, ci sentiamo sorprendentemente la pelle morbida e pulita, come si dice unire l’utile al dilettevole!!!
Con il bagno nel Mar Morto termina la nostra escursione e nel tardo pomeriggio siamo nuovamente a Tel Aviv.
La sera passeggiare lungo Tayelet (il lungomare della città in ebraico…) è la cosa che più ci piace, con Samuele ed Alessandro che spesso si fermano anche a vedere le partite di footvolley tra ragazzi del posto.
Il giorno seguente è quello del rientro a casa ma, fortunatamente, abbiamo ancora qualche ora di tempo da poter sfruttare per visitare il Camel Market, il più grande mercato di frutta e verdura di Tel Aviv, aperto tutti i giorni dove, oltre alle bancarelle di vegetali vi sono quelle di abbigliamento, accessori, oggettistica e meravigliosi fiori freschi, oltre a tanti banchi di street food dedicati a tutte le specialità culinarie del luogo.
Assaggiamo uno squisito borek, uno sformato di formaggio, insieme ad una dolce e fresca spremuta di melograno (da non perdere assolutamente da queste parti), dopodiché ci dedichiamo agli ultimi acquisti di souvenir prima di prendere un taxi alla volta dell’aeroporto Ben Gurion. La vacanza termina qua. Breve, fortunatamente tranquilla, ma con tante esperienze differenti vissute in pochi giorni: Tel Aviv, Betlemme, Gerusalemme, il Mar Morto ma soprattutto le differenze tangibili che si riscontrano tra questi luoghi fisicamente tanto vicini tra loro ma allo stesso tempo distanti nella cultura, religione e vita quotidiana. Speriamo per il bene di tutti che qualcosa possa a breve cambiare cosicché questi popoli possano vivere in pace ognuno nella sua terra!