Stalin a Gori: visita al museo che interroga la storia
Durante la nostra escursione fuori Tbilisi, abbiamo fatto tappa in uno dei luoghi più insoliti e affascinanti del nostro viaggio in Georgia: il Museo di Stalin a Gori. Ne avevamo sentito parlare, e la curiosità ha vinto sulla reticenza: volevamo capire come viene raccontata oggi una figura così controversa.

Appena arrivati, ci ha accolto una struttura imponente in stile neoclassico. Al centro, quasi protetta da un portico monumentale, spiccava una minuscola casa in legno: la casa natale di Stalin. Un contrasto davvero stridente. Il piccolo edificio, dove visse i primi anni della sua infanzia, è stato inglobato in una scenografia che rasenta la venerazione.

Ma la vera sorpresa è stata fuori, nel cortile, dove si trova un vagone ferroviario verde, blindato e massiccio: il treno personale di Stalin. Lo usava per i suoi spostamenti ufficiali, compresi i viaggi alle conferenze di Teheran e Yalta. Non amava volare e in quel treno si sentiva al sicuro.

Entrandoci, con un biglietto a parte, abbiamo potuto vedere gli interni originali: lo studio, la camera da letto, tutto conservato con precisione quasi maniacale. Ci ha colpito quanto fosse sobrio ma allo stesso tempo blindato: pareti spesse, arredamento spartano, ma funzionale.

All’interno del museo, ci siamo immersi in sei sale che narrano la sua vita, dalla gioventù rivoluzionaria alla guida dell’URSS. Molti oggetti personali, documenti, lettere, pipe e persino la sua maschera mortuaria ci hanno lasciato un senso di inquietudine. La narrazione sembrava voler smussare le ombre del suo regime, ma alcuni pannelli più recenti cercano di dare voce anche alle vittime delle purghe staliniane.

È stata un’esperienza intensa, che ha suscitato riflessioni profonde. Quel vagone blindato, in particolare, mi è sembrato quasi un simbolo: protezione, potere, isolamento. Un leader che viaggiava chiuso in un guscio d’acciaio, mentre all’esterno si decidevano i destini di milioni di persone.

Non è stato semplice scrivere di questo luogo, ma credo valga la pena visitarlo: non per celebrare, ma per comprendere.