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Un fiore nel caos: il Tempio del Loto e la sua storia affascinante

Nel cuore pulsante di Nuova Delhi, il Tempio del Loto si staglia come un’architettura sorprendente e silenziosa, immersa in un giardino curato e circondato da specchi d’acqua. La sua forma richiama il bocciolo di un fiore di loto, simbolo di purezza in molte culture asiatiche, ed è composta da ventisette petali marmorei disposti in gruppi di tre. L’edificio, progettato dall’architetto irano-canadese Fariborz Sahba, è stato completato nel 1986 e rappresenta uno dei sette templi Bahá’í nel mondo.

Il Tempio del Loto

La struttura è aperta a tutti, indipendentemente dalla religione, e riflette i principi della Fede Bahá’í: unità spirituale, uguaglianza e inclusione. Non ci sono altari, statue o rituali: solo silenzio, meditazione e rispetto. L’interno è spoglio ma imponente, capace di accogliere fino a 1.300 persone. L’atmosfera è quieta, interrotta solo dal rumore dei passi e dal fruscio dell’aria condizionata.

Lo specchio d’acqua che circonda il tempio

Un dettaglio curioso: il tempio ha nove porte, una per ogni lato, e nessuna recinzione. Questo simboleggia l’apertura verso tutte le direzioni e culture. Il giorno della nostra visita, il flusso di persone era continuo, con fedeli e turisti che si alternavano in un silenzioso pellegrinaggio. All’ingresso, ci è stata consegnata una borsa per riporre le scarpe, come da tradizione locale.

Abbiamo scoperto che la cerimonia di inaugurazione, durata cinque giorni nel dicembre 1986, ha visto la partecipazione di oltre 8.000 Bahá’í provenienti da 107 paesi. Un evento che ha segnato l’inizio di un luogo destinato a diventare simbolo di spiritualità moderna. Samuele ha osservato con attenzione la simmetria dei petali, incuriosito dalla geometria del tempio, mentre Alessandro ha preferito esplorare i dintorni cercando l’angolazione migliore per una foto che potesse rendere giustizia alla struttura.

Altra visuale dello splendido tempio indiano

Il tempio non è solo una meta turistica, ma un invito alla riflessione. In un contesto urbano caotico, offre un raro spazio di pace. E anche se la visita è stata breve, nell’ambito dello stop over nella capitale indiana, ci ha lasciato un’impressione duratura: quella di un luogo che parla senza parole, ma con una forza architettonica e spirituale che non si dimentica.