2023 – Istanbul, Tokyo, crociera e breve tappa in Mongolia
Finalmente, dopo diverso tempo causa pandemia, ci concediamo una nuova vacanza lontano dall’Europa, con tappe particolari ed a noi sconosciute (eccetto Taipei): dopo una veloce tappa per visitare la bellissima città di Istanbul raggiungeremo Tokyo, in Giappone e da cui partiremo per una crociera fino a Taiwan. Durante il viaggio di ritorno faremo una breve sosta nella capitale mongola Ulan Bator.
Arriviamo ad Istanbul con voli differenti: io e Samuele partendo da Malta ed atterrando in tarda serata al principale e nuovissimo aeroporto Ataturk, mentre Alessandro ci aveva già preceduti nel pomeriggio da Roma, arrivando a Sabiha Gokcen, nella parte asiatica dell’immensa città turca.
Ci ritroviamo tutti poco dopo la mezzanotte all’albergo Han Suite Hotel, situato a pochi passi dal Sultanahmet, quartiere che racchiude alcuni dei più famosi monumenti della città.
Il mattino seguente partiamo alla scoperta della magica Istanbul raggiungendo facilmente a piedi la prima tappa del nostro tour che è la Moschea Blu (1609-1616), caratterizzata da 6 minareti come originariamente solo la moschea della Ka’ba a La Mecca poteva fregiarsi, alla quale, proprio per preservarne la sua unicità, ne venne poi aggiunto un settimo.
Per visitare l’interno bisogna indossare abiti adeguati, togliersi le scarpe e le donne devono coprire il capo ma in caso vi dimentichiate il foulard, come a me accaduto, nessun problema perché è possibile prenderlo in prestito all’ingresso. La visita è completamente gratuita!
L’interno della moschea rispecchia il suo nome, infatti delle bellissime piastrelle di ceramica turchese sono incastonate sulle pareti superiori e sulla cupola, donando molta luminosità all’insieme, grazie anche alle numerose finestre da cui filtra una calda luce solare.
Incantati dalla bellezza della Moschea Blu, decidiamo di visitare subito anche la vicina e famosissima Santa Sofia, la cattedrale bizantina divenuta poi moschea ottomana, quindi museo nel 1935, infine di nuovo aperta al culto islamico nel 2020. Il nostro entusiasmo però viene bloccato dalla gran fila che c’è all’ingresso per cui decidiamo di rimandare la visita a un altro momento.
A questo punto optiamo per entrare nella Cisterna Basilica, costruita nel 532 dall’imperatore Giustiniano I, altra principale attrazione turistica della città, situata a pochi passi da Santa Sofia.
Si tratta di un vasto spazio sotterraneo costituito da colonne disposte in file e le cui fondamenta si trovano immerse nell’acqua nel quale si scende attraverso una scalinata di 52 gradini in un ambiente molto suggestivo, grazie anche all’illuminazione che esalta la struttura e crea dei magici giochi di luce. Davvero particolari sono le basi di due colonne realizzate con blocchi incisi con il profilo di Medusa con il volto capovolto; la cisterna che nel passato riforniva d’acqua un’intera città, assume oggi un grande valore architettonico e rappresenta un’esperienza imperdibile durante la visita di Istanbul.
Lasciata l’atmosfera surreale della Cisterna e tornati alla luce del sole, facciamo un piccolo spuntino e Alessandro assaggia una pannocchia di granoturco dalle tante bancarelle sparse lungo le strade mentre io e Samuele optiamo per un gelato turco con i tipici giochi del gelataio che fa finta di darti il cono per poi togliertelo velocemente mentre stai per afferrarlo!
Passeggiamo in tutta tranquillità per le colorate vie della zona fino ad arrivare all’ingresso del Palazzo Topkapi. Facciamo una breve fila per l’acquisto dei biglietti quindi entriamo e ci immergiamo in un’altra meraviglia dell’arte ottomana espressione di uno degli imperi più vasti della storia terminato solo nel 1922 con la nascita della Repubblica di Turchia.
Il palazzo è immenso, costituito da numerosi edifici e quattro cortili, ed una visita approfondita richiederebbe almeno una giornata intera che noi non abbiamo! Ci accontentiamo perciò di effettuare un tour completo ma piuttosto veloce seguendo le indicazioni dell’audioguida in lingua italiana, messa a disposizione col pagamento del biglietto.
Assolutamente da lasciare a bocca aperta la Sala del Tesoro dove è esposto il diamante del fabbricante di cucchiai, di 86 carati e classificato il quinto più grande al mondo; un altro gioiello fantastico e di valore inestimabile è il pugnale Hancer di Topkapi con diamanti, oro e smeraldi. Nel terzo cortile si trova l’edificio delle Camere Segrete dove sono custodite le sante reliquie dell’Islam, ove la luce è soffusa per non danneggiare i reperti tra cui il mantello di Maometto, la sua spada, l’arco, alcune lettere personali, i sandali, il dente, i peli della barba ed il bastone.
Molto interessante anche la zona dell’Harem che colpisce per la ricchezza dei suoi interni esaltati e valorizzati dalla bellezza delle piastrelle Iznik con bellissimi motivi floreali e geometrici dai colori luminosi e vivaci. L’Harem è una sorta di “quartiere” all’interno del Palazzo, essendo costituito da trecento stanze, otto bagni, quattro cucine, due moschee, sei cantine, una piscina e un’infermeria: in esso vivevano circa mille donne!
Durante la visita del palazzo vi sono anche diversi scorci sul Bosforo, in particolare una bellissima terrazza da cui ammirare un panorama mozzafiato indimenticabile e scattare delle belle foto ricordo.
Soddisfatti del nostro tour di palazzo Topkapi, proseguiamo instancabili verso la Moschea di Solimano che si trova sulla collina che domina il Corno d’Oro, infatti dal cortile posteriore si può ammirare uno splendido panorama sullo stretto del Bosforo.
La Moschea è considerata tra le più belle di Istanbul, ed è opera dell’architetto Sinan, considerato il Michelangelo d’Oriente. La leggenda narra che Solimano disse: “Non verrà ricordato per le tantissime conquiste ma per questa moschea”.
L’ambiente interno è molto vasto, con una gigantesca cupola di 53 metri di diametro, oltre ad eleganti decorazioni realizzate con maioliche pregiate, illuminate da ampie vetrate che fanno risaltare i colori dominanti del rosso, verde e oro.
Continuiamo il nostro giro, dato che non ci sentiamo affatto stanchi e il clima è molto piacevole, così ci immergiamo in una fitta rete di viuzze, situata a poche centinaia di metri dal Gran Bazar, testimonianza moderna del ruolo chiave di Istanbul nei commerci tra Oriente e Occidente. Qui ci troviamo tra un tripudio di colori e profumi, negozi che vendono di tutto, dai souvenir, ad abiti tradizionali, dai tipici tappeti ai narghilè, dalle splendide pashmine a magliette e scarpe di improbabili marchi esclusivi. Rimaniamo però maggiormente attratti dalle voci di venditori che ci invitano ad assaggiare i numerosi prodotti tipici esposti e ciò che più ci colpisce sono le tante varietà di spezie e thè presenti, di cui assaggiamo alcuni tipi acquistandone un poco da gustare al nostro rientro a casa.
Il nostro giro alla scoperta di Istanbul prosegue con l’attraversamento a piedi del ponte di Galata, sicuramente uno dei luoghi simbolo della città, che collega la parte storica di Eminonu con il più moderno quartiere di Galata. Qui la nostra attenzione è catturata dai tanti pescatori locali intenti con le loro canne a catturare piccoli pesci, rimanendo sorpresi dalla facilità e frequenza con la quale riescono a prenderne anche più di 4/5 alla volta per quanto ce ne sono! Nella zona si trovano anche numerosi ristoranti turistici e venditori ambulanti che cucinano kebab di pesce, mentre sullo sfondo lo sguardo è catturato dalla magia della città con il suo panorama di minareti e moschee. Probabilmente è proprio qui che si respira la vera anima di Istanbul.
Poco distante dal ponte vi è l’omonima Torre di Galata, un altro dei simboli della città, spesso raffigurata sui diversi ed economici souvenir che vengono venduti ad ogni angolo delle strade. Opera dei Genovesi risalente al XIV secolo che per proteggersi dai vari attacchi circondarono la zona con una cinta fortificata, in cima alla quale costruirono la torre che resiste ancora oggi e che da diversi anni è ormai aperta ai turisti che possono salire in alto per godere del panorama a 360 gradi della città. Ai piedi della torre l’atmosfera è comunque molto vivace, rallegrata da alcuni venditori ambulanti di pannocchie, dolcetti e cozze e dalla presenza di diversi caffè e locali caratteristici, tra i quali anche Saltbae Burger, uno dei tanti locali del famoso chef turco Nusret Gokce.
Dopo aver visitato ormai i principali monumenti storici di Istanbul ci immergiamo nella sua anima più moderna passeggiando per Istiklal Caddesi, la strada maggiormente frequentata della città: si calcola che ogni giorno circa tre milioni di persone attraversino questa via lunga due chilometri e mezzo. Qui non sembra di trovarsi in Turchia perché non vi è nulla di tipico o che la possa distinguere da una qualunque via commerciale di qualsiasi capitale occidentale, con i suoi negozi dei più grandi brand internazionali, ristoranti, bar, librerie, cinema e night club.
L’affollata via termina in piazza Taksim che può sicuramente essere considerata il cuore moderno della città: proprio qui si trova infatti il Monumento della Repubblica che rappresenta un classico punto d’incontro soprattutto per i più giovani.
E’ ormai sera e decidiamo di tornare al quartiere Sultanahmet per ammirare lo spettacolo delle moschee avvolte dalla luce notturna e con sorpresa scopriamo che è ancora possibile visitare la leggendaria basilica di Santa Sofia, così ne approfittiamo, dato che è la nostra ultima occasione, rimandando la cena a più tardi. La sua costruzione iniziò nel 350 d.C. ad opera dell’imperatore Costantino I ma la maggior parte della struttura attuale fu fatta edificare dall’imperatore Giustiniano I dopo che la chiesa fu distrutta nel 532.
La sua cupola larga 30 metri ed alta 56, risulta una delle più ampie del mondo; da sottolineare che Santa Sofia, per la sua struttura architettonica esterna ed interna, fu uno dei principali modelli di ispirazione per la costruzione delle moschee da parte degli ottomani in tutto l’impero. Quando nel 1453 la basilica fu trasformata in moschea, furono costruiti minareti e fontane ed i mosaici cristiani furono coperti con intonaco bianco mentre oggi invece i mosaici sono stati riportati alla luce e vengono oscurati solo durante gli orari di preghiera.
Soddisfatti di aver completato la nostra giornata con la visita di Santa Sofia ci rilassiamo con una cenetta in un tipico ristorante situato a pochi passi dalla Moschea Blu, il Türkistan Aşevi, dove gustiamo dell’ottima ed abbondante carne arrosto.
Il mattino seguente abbiamo qualche ora libera prima di raggiungere l’aeroporto e decidiamo di trascorrerle al Gran Bazar per gli ultimi acquisti ma con nostra sorpresa scopriamo essere chiuso, come del resto tutte le domeniche dell’anno… che peccato!!!.
Approfittiamo comunque della bella giornata di sole per effettuare un’ultima bella passeggiata tra i vicoli della città vecchia, fino a raggiungere il ponte di Galata per poi ritornare verso l’Ippodromo, la grande piazza antistante la celebre Moschea Blu, ove svetta l’Obelisco di Teodosio, il monumento più antico di Istanbul, realizzato in Egitto nel 1479 a.C. e collocato originariamente nel tempio di Amón-Re en Karnak. Successivamente l’Imperatore bizantino Teodosio lo fece trasportare a Costantinopoli nel 390 d.C. e, per poter effettuare il lungo tragitto in barca, l’obelisco originale venne tagliato. Di granito rosa, il suo stato di conservazione è eccellente e si possono ancora ammirare i rilievi egizi che lo decorano.
Ritornati in albergo ad attenderci c’è già il nostro autista che ci sta attendendo per il trasferimento in aeroporto e rimaniamo a dir poco sorpresi quando vediamo che è alla guida di un’elegante limousine! Arriviamo puntualissimi per il check in e conseguentemente per l’imbarco sul volo della compagnia polacca Lot che, con uno scalo a Varsavia, dopo 13 ore di confortevole volo ci porterà all’aeroporto Narita di Tokyo.
Sbrighiamo velocemente le classiche formalità legate ai controlli doganali e ritiro bagagli, quindi con un comodo e veloce treno raggiungiamo il quartiere di Akasaka, dove alloggiamo all’hotel Henn na.
Qui abbiamo la prima grande sorpresa della capacità tecnologica del Giappone: ad accoglierci alla reception troviamo infatti due robot dalle sembianze umane al posto dei normali impiegati… davvero molto impressionante!!! L’hotel è moderno e dotato di ogni confort compreso il supertecnologico water giapponese dotato addirittura di musica insonorizzante… ma prima di passare la nostra prima notte nipponica, è ora di uscire per avere un breve assaggio di Tokyo.
Akasaka è un distretto residenziale e commerciale, vivace ed elegante al tempo stesso. Ciò che ci colpisce immediatamente sono non solo le tipiche insegne giapponesi ma anche e soprattutto l’ordine e la pulizia che si trova ad ogni angolo della strada. Passeggiamo molto tranquillamente tra le vie del quartiere, osservando incuriositi vetrine, cartelloni pubblicitari per la prossima inaugurazione del Warner Bros Studio con la nuova attrazione di Harry Potter (biglietti di ingresso esauriti per i prossimi mesi), menù più o meno leggibili di ristoranti e sushi-bar e locali di diverso genere.
Sentiamo un certo languorino così proviamo un tipico ristorantino giapponese dove si ordina il cibo da una macchina fuori dal locale con foto e numero del piatto per aver contezza di cosa (più o meno) si mangia. Samuele si diverte ad armeggiare sul macchinario ed in pochi minuti eccoci a gustarci il ramen, piatto tipico a base di noodles serviti in brodo di carne (o pesce) con verdure accompagnati con salsa di soia e miso.
Il giorno seguente iniziamo la vera e propria visita della città, seguendo il dettagliato programma effettuato da Alessandro che prevede tutti spostamenti con la metro, eccellente soluzione per ottimizzare i tempi degli spostamenti ed allo stesso tempo immergersi nella vita quotidiana della vastissima metropoli giapponese.
La prima tappa, vista anche la vicinanza al nostro hotel, è il Palazzo imperiale, residenza ufficiale dell’imperatore. Esso si trova all’interno di un lussureggiante parco aperto al pubblico dove in passato si trovavano le costruzioni di difesa del Castello Edo di cui oggi restano soltanto le mura, il fossato ed i cancelli d’ingresso. I giardini sono immensi e curatissimi, ricchi di piante di diverse specie tra cui ci colpiscono i possenti pini. Il parco oltre ad essere un polmone verde nel cuore di Tokyo è una vera oasi di pace, dove è possibile immergersi nella tranquillità della natura senza essere disturbati da alcun rumore urbano ed anzi godere del canto degli uccellini!
Purtroppo non possiamo visitare il Palazzo Reale (aperto al pubblico solo due volte l’anno) e decidiamo anche di soprassedere alla visita dei relativi giardini per motivi di tempo e soprattutto per la lunga fila che troviamo all’ingresso. Ci accontentiamo (e non è comunque poco) della splendida passeggiata nell’ampio parco per poi dirigerci verso la vicina stazione della metropolitana.
Raggiungiamo facilmente un’altra delle principali mete turistiche della città, ovvero il tempio buddhista Senso-ji, situato nel quartiere di Asakusa, ricco di locali caratteristici, negozi tradizionali e numerose bancarelle di artigianato e souvenirs.
La storica porta Kaminarimon, sancisce l’ingresso alla zona sacra del tempio di Senso-ji, il più antico della città e sicuramente uno dei più importanti, costituito dall’edificio principale e da una pagoda di cinque piani di colore rosso con rifiniture dorate.
E’ un luogo molto vivace e colorato sempre affollatissimo di turisti, ricco di spiritualità ma non immune dal business commerciale, infatti lungo la strada principale, la Nakamise-dori, vi sono numerosi negozi di souvenir dove acquistare kimono, ventagli, maschere, oggetti tipici e prodotti alimentar. Ovviamente anche noi ci lasciamo tentare dall’assaggiare qualche prelibatezza locale e quindi ci prendiamo dei ravioli dolci ripieni al tè macha che risultano davvero deliziosi.
La leggenda narra che nel 628 d.C., i pescatori trovarono una statua di Kannon nel fiume Sumida: il Tempio di Sensoji fu costruito per custodirla. Nel corso della sua lunga storia, la sala principale è stata distrutta innumerevoli volte e ricostruita grazie alle donazioni di persone da tutto il Giappone. Nell’ampia area del tempio si trova la Porta Hozomon, “Casa del Tesoro”, che ospita sacre scritture buddiste, un giardino tradizionale giapponese e diverse strutture storiche. La pagoda a cinque piani, visibile da qualsiasi punto dell’area, si staglia sullo skyline. Naturalmente, la sala principale si trova al centro dell’area, ed è lì che i fedeli rendono omaggio a Kannon.
Successivamente decidiamo di visitare Tokyo Skytree, la torre delle telecomunicazioni che con i suoi 634 metri di altezza domina la città, oltre ad essere la torre più alta del Giappone e la seconda del mondo dopo il Burji Khalifa di Dubai. Essa è composta da 445 piani collegati tra loro da 2523 scalini che per fortuna non dobbiamo percorrere in quanto ci sono ben 13 comodi e veloci ascensori per raggiungere i punti di osservazione del Tembo Deck al 350° piano e della Tembo Galleria al 450° piano. La torre è naturalmente fornita di bar e ristoranti, negozi di souvenir, fotografi pronti per sensazionali scatti ricordo specialmente nei punti più caratteristici quale il pavimento in vetro dove sembra di camminare come sospesi nel vuoto!
Una volta scesi dallo Skytree, decidiamo di concederci un po’ di relax al parco Ueno che raggiungiamo sempre con la linea metropolitana. Il parco è famoso per la fioritura primaverile dei ciliegi ma anche negli altri mesi è un luogo molto accogliente e ricco dal punto di vista naturalistico con un enorme varietà di alberi. Ueno è anche ricco di laghetti invasi dalle piante acquatiche, tra i quali il più ammirato è lo stagno di Shinobazu che troviamo quasi completamente coperto di fiori di loto, tanto da farlo sembrare quasi un un enorme prato: un vero spettacolo della natura! Nella parte non coperta da vegetazione ci sono invece numerosi pedalò a forma di cigno e lungo la riva incontriamo diverse bancarelle di street food dove acquistare del buon cibo per uno spuntino immersi nella natura a pochi passi dalla città.
A 15 minuti a piedi dal parco, si trova l’area di Yanesen che rappresenta la città vecchia, con le case tipiche di Tokyo prima che diventasse una megalopoli densa di grattacieli. Una tranquilla passeggiata in questa zona è molto piacevole perché ha conservato anche edifici antichi, templi e santuari storici come quello shintoista di Nezu-jinja. Lasciamo quest’area in cui sembra davvero di essere tornati indietro nel tempo e raggiungiamo invece una delle zone più frequentate al mondo: l’incrocio di Shibuya.
Questo posto è attraversato ogni giorno da circa mezzo milione di persone ed è diventato ormai una vera e propria attrazione turistica! Anche noi ci mischiamo alla folla e percorriamo questo punto nevralgico del traffico pedonale più volte, allo scoccare del verde del semaforo che permette alle persone di poter attraversare in lungo e largo l’ampio incrocio. Qui vicino, di fronte alla stazione di Shibuya, si trova anche la statua del famoso Hachiko, il cane che aspettò qui il suo padrone per 9 anni dopo la sua morte e la cui storia divenne la trama del film “Hachiko – il tuo miglior amico“, interpretato da Richard Gere.
E’ ormai giunta la sera e decidiamo di fermarci qui a Shibuya per la cena, vista anche l’ampia offerta di ristoranti di ogni genere presente, larga parte dei quali pieni di giovani. Giriamo incuriositi tra diversi locali ed alla fine optiamo per una soluzione abbastanza originale, ovvero mangiare all’interno di un caratteristico food court costituito solo da piccoli ristoranti tipici affollati da avventori del posto. Ci mangiamo della buona carne e quindi ritorniamo in hotel per la notte.
Il giorno seguente è probabilmente quello più atteso da tutti ed in particolare da Samuele poiché è quello dell’imbarco e partenza della nostra crociera con la Diamond Princess e siamo pertanto desiderosi di salire prima possibile a bordo per prendere subito confidenza con la nave che ci ospiterà per i prossimi 9 giorni tanto più che sono oramai passati oltre quattro anni dall’ultima splendida navigazione effettuata con la P&O da Brisbane a Singapore.
La partenza è da Yokohama, sulla baia di Tokyo dove arriviamo abbastanza presto e dopo aver sbrigato velocemente le formalità del check in eccoci finalmente a bordo. Cominciamo ad ispezionare la nave rimanendo molto sorpresi della sua bellezza ed eleganza ma soprattutto siamo colpiti dall’ampia piscina coperta perfettamente attrezzata che non avevamo mai visto nelle altre imbarcazioni delle precedenti crociere.
L’atmosfera serena e spensierata si sente nell’aria con i numerosi turisti soprattutto orientali che iniziano ad assiepare i punti più strategici dei ponti dai quali godersi la partenza. Alle 18.00 lasciamo Yokohama tra i festeggiamenti per l’inizio del viaggio che prevede due giornate di relax a bordo, con navigazione del Mar Cinese, direzione sud.
Il meteo fortunatamente ci assiste e le numerose attività di bordo non ci lasciano certamente annoiare. Io ed Alessandro comunque approfittiamo spesso dei comodi lettini a disposizione in più parti della nave per oziare e sgranocchiare qualche stuzzichino, senza rinunciare a qualche tuffo in piscina o a un rilassante idromassaggio. Samuele invece non ha pace e passano ore intere senza che si faccia vedere da noi, interessato ad ogni attività che preveda giochi o competizione, specie se di natura sportiva.
Ed ecco arrivata la nostra prima tappa della crociera, con l’attracco nella bellissima isola di Okinawa, tra il Mar Cinese e l’Oceano Pacifico, considerata da molti come le Hawaii del Giappone, con una parte montuosa che ospita verdi foreste che fanno da contrasto alle spiagge paradisiache.
L’isola per molti secoli ha goduto del privilegio dell’indipendenza e nel corso del XV secolo ha visto anche la nascita del Regno di Ryukyu con l’annessione delle vicine isole ed un fiorente sviluppo commerciale durato oltre due secoli, prima di essere annessa di fatto alla Cina e successivamente al Giappone alla fine del XIX secolo.
Decidiamo di visitare le principali attrazioni di Naha, capoluogo e maggiore centro abitato dell’isola, in maniera autonoma, spostandoci in taxi o a piedi. La nostra prima visita la facciamo al Castello di Shuri, un tempo capitale del Regno di Ryukyu, che raggiungiamo non senza fatica con un taxi privato. Ad Okinawa, così come in molte parti del Giappone, l’inglese non è molto diffuso e pertanto farsi comprendere dai locali non è sempre facile ed immediato, specie se sono persone non più giovanissime.
Il castello, che fa parte del patrimonio dell’umanità dell’UNESCO, era il centro amministrativo e la residenza del re fintanto che Okinawa non divenne una prefettura giapponese nel 1879. La fortezza ha avuto un passato molto turbolento, tanto da esser stato distrutto molte volte nel corso dei secoli, in particolar modo nella battaglia di Okinawa del 1945, Ricostruito ed aperto al pubblico nel 1992, ha purtroppo subito un gravissimo e devastante incendio nel 2019 e pertanto la sua parte principale non è ancora visitabile ai turisti.
Accediamo comunque all’interno delle mura attraverso la bellissima Porta Shureimon, la porta del re, utilizzata per gli ingressi ufficiali. Attraversiamo quindi Utaki Ishimon, altra splendida porta che segna l’ingresso di un boschetto sacro. Percorriamo anche delle scale e saliamo su un ampio bastione dal quale si gode di un panorama mozzafiato di Naha e delle rigogliose foreste di Okinawa.
Finito questo interessante tour, prendiamo un altro taxi per farci portare al giardino Shikinaen, dove si trovava la residenza estiva del re delle Ryukyu. Un bel parco, dove il verde fa da padrone, con una vegetazione rigogliosa mentre al centro si trova un laghetto con ponti in pietra, una pagoda da tè ed un semplice edificio che era appunto utilizzato come residenza estiva. Rimaniamo comunque maggiormente colpiti dall’incontro che facciamo con alcuni particolari insetti come delle gigantesche cicale, scarabei dorati e farfalle colorate enormi che invano cerchiamo di far posare su di noi.
Riprendiamo ancora un taxi per raggiungere il centro di Naha che si sviluppa principalmente lungo la frequentatissima kokusai-dori (la strada internazionale) che si estende per circa 2km, piena di tantissimi negozi di souvenir ove si vendono dolci tipici locali fatti con la patata viola e bellissimi oggetti d’artigianato locale come gli stupendi bicchieri di vetro soffiato dai mille colori!
Lungo la via ci imbattiamo nel famoso mercato del pesce di Okinawa e rimaniamo stupiti dall’enorme quantità e varietà delle specie esposte per la vendita, tra cui le yakogai, le costose lumache giganti, tipica prelibatezza dell’isola. Siamo anche tentati di assaggiarla, ci informiamo sui prezzi ed eventualmente dove poterla mangiare ma ci viene anche detto che va consumata cruda e, onde evitare qualsiasi tipo di rischio, decidiamo di rinunciarci.
Samuele quindi opta per un’altra specialità locale, costituita da un sandwich di riso con ripieno di salmone mentre io preferisco un più semplice gelato all’ananas servito dentro un sandwich salato ed Alessandro ci guarda rimandando il pranzo al rientro in nave!
L’ultima sosta prime del reimbarco la facciamo a Naminoue beach, una piccola e pittoresca baia, sormontata dal piccolo ma significativo tempio omonimo, uno dei più importanti luoghi di culto della religione shintoista, dal quale si gode una bella visuale sulla baia. Risaliamo quindi sulla nave e ci godiamo un poco di meritato relax per poi alle 19.00 tutti pronti a salutare Okinawa!
L’indomani mattina raggiungiamo la bellissima isola di Ishigaki, nell’arcipelago Yaeyama, rinomata per lo splendore delle sue spiagge e la pulizia del mare. Dopo le consuete difficoltà linguistiche, ci accordiamo con un tassista per effettuare un tour completo dell’isola di oltre mezza giornata e, come prima tappa, ci facciamo condurre alla famosa Kabira Bay, la baia più famosa dell’isola per le acque cristalline e la rigogliosa vegetazione tropicale che la incornicia.
Qui purtroppo non è possibile fare il bagno a causa delle forti correnti presenti e della coltivazione delle rarissime e preziose perle nere, quindi decidiamo di prendere parte ad un’escursione su una barca con fondo trasparente.
Dopo pochi minuti di navigazione, iniziamo a vedere banchi di pesci di moltissime specie, tra cui quelli trombetta, alcuni serpenti marini, diversi tonni, tre tartarughe di cui una molto grande, conchiglie giganti e tanto altro ancora, il tutto su un fondale spesso coperto di coralli di color blu.
La gita è veramente splendida ed il tempo trascorre molto velocemente. Prima di riprendere il taxi, ci facciamo una breve passeggiata lungo la spiaggia e scattiamo qualche foto dall’alto di un punto di osservazione dal quale abbiamo la visuale più ampia della splendida baia, certamente tra le più belle di quelle da noi visitate.
Lasciamo questo paradiso terrestre per dirigerci verso Yaima Village. Lungo la strada l’autista ci fa fare una breve sosta nel parco “Yoneko Yabi Kobo” caratterizzato dalla presenza di grandi statue colorate di Shisa, creature mitologiche tipiche soprattutto di Okinawa raffiguranti leoni con tratti canini che si ritiene allontanino gli spiriti maligni e per questo presenti all’ingresso di quasi tutte le case ed attività commerciali.
Lo Yaima Village è la riproduzione di un tipico villaggio dei tempi del Regno delle Ryukyu con le tradizionali case giapponesi ed all’interno è possibile assistere anche ad esibizioni di musica e danze locali. Ciò che monopolizza la nostra attenzione è però un piccolo giardino subtropicale dove vivono deliziose scimmie scoiattolo, molto piccole e amichevoli, che si fanno tranquillamente toccare e con le quali ci intratteniamo a lungo.
Siamo infatti incantati dalle loro dolcezza e trascorriamo tutto il tempo a nostra disposizione con loro, osservando soprattutto le mamme coi cuccioli che sono davvero teneri.
Prima di uscire ci concediamo anche la soddisfazione di dar loro del cibo, sotto l’attenta sorveglianza dei guardiani, venendo in breve tempo assaliti da una decina di scimmiette che per nulla intimorite si mettono a mangiare sulle nostre braccia.
L’ultima tappa della nostra gita la facciamo alle Ishigaki Limestone Caves, grotte di stalattiti e stalagmiti che si sono formate nel corso di 200.000 anni. il percorso è molto semplice e accessibile a tutti e la bellezza delle grotte è esaltata da giochi di luce, anche se in alcune sale ci appare un poco eccessiva.
Prima di tornare a bordo ci facciamo lasciare in centro dove ci facciamo una breve passeggiata tra negozi con souvenir, prodotti locali, bar e ristoranti.
La terza e ultima tappa della crociera è fuori dai confini giapponesi: ci attende infatti Taipei, la capitale dell’isola di Taiwan, già visitata nel 2011 durante la nostra prima vacanza in Australia. Effettuiamo anche questa escursione da soli prenotando per il tramite della compagnia Princess soltanto il trasferimento verso il centro e il relativo ritorno.
Il bus ci lascia davanti al grattacielo Taipei 101 che decidiamo però di visitare successivamente, quindi raggiungiamo la metro sottostante e ci dirigiamo al Chiang Kai-Shek Memorial, il memoriale dedicato al Presidente della Repubblica di Cina fino al 1949 e poi di Taiwan fino al 1975, anno della sua morte. Il Memoriale si trova in Liberty Square, dove sono anche il Liberty Square Arch e la Performing Arts Library of National Theatre and Concert Hall.
Costituito da vari complessi, l’imponente Memorial Hall è davvero enorme e bellissimo, di colore bianco con 4 lati leggermente inclinati a forma piramidale e con un tetto blu ottagonale (il numero 8 in Asia è simbolo di abbondanza e fortuna). Vi accediamo tramite una scalinata composta da 89 gradini (l’età che aveva Chiang Kai-shek al momento della sua morte), quindi entriamo da un portone caratterizzato da un arco mastodontico. Qui ad ogni ora si tiene il cambio della guardia ed ovviamente non ci lasciamo sfuggire l’occasione per assistere all’imperdibile appuntamento!
Il Memorial Hall sovrasta una piazza infinita e spettacolare che dalla scalinata principale ci godiamo nella sua ampiezza ed imponenza.
Tutto il complesso è molto suggestivo e la sua bellezza è ampliata dai giardini e laghetti che lo circondano rendendolo un luogo ideale per passeggiare, un’oasi di tranquillità nel cuore del centro cittadino.
Continuiamo il nostro giro della capitale, tra l’altro molto pulita ed ordinata, con un servizio di metropolitana veloce ed efficiente, arrivando nella parte più antica dove si trova il tempio di Lungshan, il più antico e famoso di Taipei, in cui sono venerate le divinità sia buddiste che taoiste. Uno dei momenti più significativi è quando assistiamo alla preghiera cantata, che si svolge in diverse ore della giornata, oltre al fatto che rimaniamo molto colpiti dalla tantissima quantità di offerte di cibo portate dai fedeli e dal profumo intenso dei bastoncini d’incenso.
Lasciamo questo affascinante luogo sacro per visitare il famoso mercato notturno di Taipei anche se è ancora mattina e l’atmosfera non sarà sicuramente la stessa che si respira la sera!
Ciò che interessa maggiormente Alessandro e Samuele è soprattutto la snake alley, la parte dove ci sono ristoranti che servono piatti a base di serpente. Purtroppo rimaniamo delusi dal fatto che la maggior parte dei ristoranti è ancora chiusa e di locali che servono carne di serpente ne sono rimasti soltanto un paio, probabilmente anche a causa della recente pandemia che ha portato una maggiore attenzione alle condizioni igieniche e sanitarie di tutte le attività commerciali che trattano animali.
Continuiamo a passeggiare nei dintorni del mercato notturno a Ximenting, un quartiere dello shopping dove si trova di tutto, dal cibo tradizionale ai brand della moda più conosciuti al mondo, da negozi di souvenirs ad artisti di strada che si esibiscono in simpatici spettacolini. Nel mentre Samuele si gusta un vero bubble tea con palline di tapioca, ci fermiamo ad osservare la Casa Rossa (Red House), un edificio in mattoni rossi che è stato il primo mercato pubblico di Taiwan, in seguito riqualificato in un centro culturale e ricreativo.
Dato che il nostro tempo a disposizione a Taipei sta per finire ed abbiamo appuntamento col bus proprio alla torre Taipei 101, decidiamo di visitare questa fantastica attrazione prima di tornare alla nave. Quinto grattacielo più alto al mondo con i suoi 508 metri di altezza ed i suoi 101 piani da cui il nome, la torre domina lo skyline della città con i suoi caratteristici 8 moduli uno sopra l’altro che si innalzano da un basamento piramidale.
Gli ascensori sono velocissimi e in 39 secondi si arriva all’89° piano dove c’è l’osservatorio panoramico e grazie anche ad una giornata serena e luminosa riusciamo ad ammirare lo splendido panorama della città e delle vicine montagne verdi. La torre è dotata di un innovativo sistema di stabilizzazione che agisce contro i sismi e le raffiche di vento, costituito da un enorme pendolo in acciaio costituito da una sfera di 5,5 metri di diametro e 728 tonnellate di peso, il cui contrappeso è in grado di ridurre lo spostamento dell’edificio del 40%. Questa sfera è addirittura visibile dall’interno e rappresenta un’attrazione quasi quanto la terrazza panoramica!
Facciamo quindi ritorno alla nostra nave e salutiamo la bella Taipei, con il proposito di tornare per un soggiorno più lungo in modo da visitare anche altre zone dell’isola di Taiwan.
Dopo due giorni di navigazione, durante i quali abbiamo anche la possibilità di visitare il ponte di comando della nave grazie al gentile invito del comandante italiano conosciuto da Samuele durante la crociera, di buon mattino attracchiamo al porto di Yokohama, davvero dispiaciuti di dover lasciare la bellissima e confortevole Princess Diamond seppur confortati dalla possibilità di poter ancora trascorrere un’intera giornata nella fantastica Tokyo.
Lasciati i bagagli in hotel, sempre l’Henn na, dove avevamo soggiornato prima della crociera, ci dirigiamo subito al santuario di Meiji, di culto shintoista e dedicato all’imperatore Meiji da cui prende il nome.
Immerso in una ricca e lussureggiante foresta cittadina in larga parte costituita nel corso degli anni da oltre 100.000 alberi donati da ogni parte del Giappone, situato a breve distanza dalla centralissima stazione della metropolitana di Harajuku, nel famoso quartiere di Shibuya, vi si accede attraverso una splendida porta torii, che con la sua struttura elementare ma elegante allo stesso tempo, accentua la sacralità del luogo.
Il complesso principale si trova al centro del parco e qui è possibile assistere ai tradizionali riti shintoisti, come quello delle offerte, oppure osservare pellegrini che scrivono le loro preghiere e gli auspici su foglietti di carta che poi legano al muro delle preghiere oppure le riportano su tavolette di legno chiamate ema, appendendole a un pannello situato di fronte a un grande albero di canfora.
All’interno dell’ampio parco visitiamo anche un bel giardino dove l’imperatore e l’imperatrice erano soliti passeggiare. L’ingresso richiede un modesto contributo ed il luogo è comunque molto suggestivo e ben curato ed offre la possibilità di visitare una classica casa da tè giapponese e di ricevere “energia positiva e rigenerativa” dal pozzo di Kiyomasa, scavato dall’omonimo signore circa 400 anni fa, e considerato dai credenti un “luogo ad alta energia”.
Dopo la natura e la spiritualità del tempio, decidiamo di concederci un poco di relax ed una bibita fresca in un tradizionale pet cafè. Tokyo ha un’ampia offerta di questi posti, dove si può bere qualcosa in compagnia di simpatici animali, in particolar modo gatti o dolci cagnolini ma è anche possibile avere esperienze più stravaganti con volpi, ricci, gufi o serpenti! La nostra scelta, o meglio quella di Alessandro e Samuele, ricade proprio su questi ultimi, con la sottoscritta che non ne è molto entusiasta!!!
Il bar si trova all’ottavo piano di un grattacielo ed appena arrivati ci dicono che è tutto pieno e dobbiamo aspettare circa un’ora per entrare in quanto non abbiamo prenotato online: insomma sembra che ci siano molti interessati all’incontro con i serpenti! Per fortuna l’attesa è un poco più breve ed appena entrati ci fanno accomodare al tavolo per gustare le nostre bibite in compagnia di qualche serpente posto all’interno di teche.
Dopo qualche minuto, ci viene proposto di fare un’esperienza più diretta con questi animali, scegliendone un paio di nostro gradimento tra tutti quelli presenti per poterli toccare, prenderli tra le mani e metterseli addirittura intorno al collo. Inizialmente andiamo io e Samuele ma ben presto rinuncio e lascio il posto al più coraggioso Alessandro che sembra non aver alcun timore nel maneggiare prima un serpente tutto nero e poi uno color corallo.
Terminato l’incontro, lasciamo questo insolito cafè e riprendiamo il tour della città dirigendoci nella zona di Akihabara, dove si trovano i mega negozi specializzati nell’elettronica ed in tutto ciò che riguarda i videogiochi. Qui ci sono anche diversi maid cafè, cioè bar dove le cameriere sono vestite da governanti vittoriane sexy ed accolgono i clienti come fossero geishe, per poi esibirsi in balletti e brevi spettacolini canori.
Akihabara inoltre offre tutto ed ancora di più per quanto riguarda i giochi elettronici del passato, con gli amanti ed appassionati del genere che possono trascorrere l’intera giornata tra Nintendo, Playstation, Game boy, ecc., nei vari e fornitissimi negozi del quartiere, tra i quali spicca Super Potato, il principale del settore.
In questa zona si trova anche il Santuario shintoista di Kanda Myojin, visitato da tantissimi giapponesi e turisti incuriositi da questo luogo sacro. La sua nascita risale al 730 d.C. anche se gli edifici attuali sono stati costruiti nel periodo Edo (1603-1867), con il colore rosso acceso che predomina nell’architettura unitamente all’oro dei dettagli decorativi. Qui vengono molti uomini d’affari per chiedere il successo nelle proprie attività e, data la prossimità di Akihabara, è facile incontrare anche giovani in cerca di un portafortuna per i loro videogiochi!
Molto divertiti dalle tante cose viste seppure un poco stanchi, decidiamo di concederci nuovamente una pausa in un altro pet cafè, scegliendone stavolta uno con i gufi. Il locale è meno frequentato e più spartano rispetto a quello dei serpenti ma ci sono diversi esemplari di uccelli, tutti liberi di volare tranne i due rapaci più grandi.
Anche qui ci sono diverse opzioni da scegliere legate principalmente al tempo che si desidera stare coi gufi ed in base a quello si paga. Ci beviamo una bibita fresca, facciamo qualche foto e, giunta ormai la sera, decidiamo di andare con la metro a Shinjuku, il quartiere dove non si dorme mai, ricco di vita notturna e divertimento anche se ovviamente non è nostra intenzione fare le ore piccole… ma solo viverne un poco l’atmosfera.
Shinjuku è uno dei luoghi più frequentati di Tokyo, pieno di grattacieli, insegne luminose fluorescenti, centri commerciali per lo shopping ma anche uffici finanziari. Ciò che rende molto famosa e affollata questa zona è principalmente il quartiere a luci rosse Kabukicho, gestito dalla famigerata yakuza, la criminalità organizzata giapponese, pieno di hostess, sexy shop, negozi di “massaggi” e ogni tipo di bar e ristorante. Davvero interessante e suggestivo è Golden Gai, una piccola zona costituita da vicoli stretti, con circa 200 bar di dimensioni ridottissime che possono ospitare dai cinque ai dieci clienti ove è molto semplice fare conoscenze e scambiare due chiacchere con qualche altro avventore. Negli anni ’60 molti incendi dolosi hanno colpito vari quartieri della città per permettere a costruttori senza scrupoli l’acquisto di terre a prezzi irrisori ma Golden Gai non fu mai toccata e per questo rappresenta una sorta di continuità col passato, un posto divertente ma anche ricco di storia e tradizione.
Qui consumiamo anche la nostra ultima cena nella terra del sol levante in un tipico e delizioso ristorante dove si ordina piatti di carne cruda tagliata in piccole strisce da cuocere poi in un apposito barbecue posto nel bel mezzo del tavolo. Esperienza davvero divertente per tutti, specie per Samuele, ma anche positiva per l’ottima cena gustata ad un prezzo molto contenuto!
Il mattino seguente abbiamo ancora il tempo per visitare il vicino santuario Hie-jinja, distante poche centinaia di metri dal nostro albergo. E’ uno dei principali luoghi di culto scintoista della città, risalente addirittura al periodo Kamakura (1185-1333) particolarmente degno di nota ai nostri giorni per essere la sede del Sanno Matsuri, uno dei tre festival più importanti dei Tokyo che si conclude con la processione che si addentra nei giardini del Palazzo Imperiale.
Ad ora di pranzo siamo già in aeroporto, facilmente raggiunto con mezzi pubblici, sempre molto efficienti, puntuali ed anche economici. Dopo aver svolto le classiche formalità e fatti gli ultimi acquisti, ci imbarchiamo su un volo Miat, compagnia di bandiera mongola, alla volta di Ulan Bator.
Dopo circa 6 ore di comodo volo arriviamo nella capitale mongola, situata nella parte centro settentrionale del Paese, conosciuta per essere una delle città più fredde al mondo, battuta costantemente dai venti gelidi siberiani, con inverni rigidi e lunghissimi. Fortunatamente siamo in estate e le temperature si aggirano durante il giorno intorno ai 18-20° anche se il clima non è dei più piacevoli visto che è nuvoloso ed il cielo promette pioggia. All’aeroporto ci aspetta il nostro autista che non solo ci accompagnerà nel resort ma resterà con noi per tutta la durata della breve vacanza portandoci alla scoperta delle principali attrazioni della città e dei suoi dintorni.
Usciti dall’aeroporto, ci troviamo lungo il tragitto un paesaggio molto differente da quello di Tokyo, con spazi immensi, pianure sterminate, poco traffico, silenzio, e molti cavalli e greggi allo stato brado: tutto questo ci sembra surreale arrivando da una megalopoli super popolata come quella giapponese! Dopo circa mezz’ora, sceso ormai il buio, arriviamo al nostro alloggio, il Nomad horse camp, dove il proprietario ci accoglie calorosamente e ci accompagna nella yurta che ci ospiterà per le successive due notti, dove troviamo già accesa una calda stufa a legna molto utile a stiepidire l’ambiente.
La tenda è ben arredata, ci sono cinque letti, un tavolinetto basso, la stufa ed un piccolo lavandino mentre il bagno è esterno ed è in comune con le altre (poche) analoghe strutture presenti. Siamo stanchi per il viaggio, ma prima di prendere sonno usciamo incuriositi da alcuni rumori provenienti dall’esterno e ci troviamo di fronte una piccola mandria di cavalli che si erano avvicinati tranquillamente agli alloggi. Scopriamo solo il giorno successivo che vengono utilizzati dalla proprietà del camp per passeggiate nei dintorni e che vengono per il resto della giornata lasciati liberi di muoversi liberamente, senza recinti di alcun genere che ne possano privare della loro libertà!
Il mattino seguente al risveglio, vediamo alla luce del giorno la bellezza straordinaria del paesaggio, caratterizzato dal verde prato estivo della steppa, in cui i cavalli corrono liberi e le caprette pascolano, senza altre costruzioni a vista d’occhio. impossibile non scattare qualche foto di questo scenario e per l’occasione il proprietario ci presta anche dei caratteristici (e caldi) costumi locali!
Facciamo colazione, quindi partiamo alla volta della nostra prima tappa, la famosa statua di Genghis Khan, la più grande statua equestre del mondo, alta 30 metri ai quali si aggiungono i 10 metri di altezza dell’edificio circolare che funge da basamento per la gigantesca opera.
Il Genghis Khan Statue Complex, inaugurato nel 2008, è stato costruito completamente in acciaio ed ha un peso di 250 tonnellate mentre il basamento circolare inferiore è delimitato da 36 colonne che simboleggiano i 36 khan mongoli succedutisi dopo Genghis.
All’interno c’è un interessante museo che narra le gloriose imprese dell’imperatore dei mongoli, oltre ad un negozio di souvenir che visitiamo comunque velocemente per poi salire sin sulla testa del cavallo di Genghis Khan tramite un semplice ascensore da dove godiamo di uno splendido panorama sulla zona circostante rovinato solo da una fastidiosa pioggerellina.
Proseguiamo nell’escursione alla scoperta del Bogd Khan Uul National Park situato oltre i 2.200 metri sul livello del mare, una montagna sacra inserita nella lista provvisoria del Patrimonio dell’umanità da parte dell’UNESCO.
Qui ci fermiamo ad ammirare una grande e particolare roccia dalla forma di tartaruga e Samuele approfitta della presenza di alcuni falconieri per farsi una foto mentre solleva con il braccio una splendida aquila, quasi fosse un cacciatore mongolo!
Sempre all’interno del parco raggiungiamo il vicino monastero buddista di Manjusri Khid, fondato nel 1773, che contava un tempo oltre 20 templi ed ospitava 300 monaci.
La struttura nel complesso è modesta ma il fascino di questo posto è dato dalla natura circostante, una bellissima valle ricca di pini e betulle, con numerosi ruscelli. Saliamo fino in cima al monastero, ci facciamo qualche foto, ammiriamo dall’alto il paesaggio e quindi risaliamo in auto per riprendere l’escursione alla volta di Ulan Bator.
Il percorso è comunque abbastanza lungo ma non certo noioso, grazie ai panorami che ci circondano ed ai tanti animali allo stato libero che incontriamo: capre, mucche, cavalli e persino degli yak, specie che non avevamo mai visto prima e che ci fermiamo ad osservare curiosi a poche decine di metri dalla mandria.
Dopo oltre un’ora di strada eccoci arrivati alla periferia della città e rimaniamo subito sorpresi dal traffico caotico e congestionato che incontriamo. La nostra guida ci dice che è normale, in quanto la città si è sviluppata in maniera disordinata ed inoltre molti abitanti non hanno ancora molta pratica con la circolazione stradale.
Raggiungiamo comunque la nostra prima tappa cittadina, il mercato di Naran Tuul, ritenuto il più grande dell’Asia, dove si può trovare davvero di tutto! Ne vediamo solo una minima parte, quella dedicata all’abbigliamento, dove spiccano decine e decine di bancarelle vendere articoli in cashmere, uno dei prodotti tipici della Mongolia, tra i principali esportatori di questa pregiata fibra animale. Acquistiamo un paio di belle sciarpe e torniamo in auto per proseguire il nostro tour a pieno ritmo, visto che abbiamo soltanto una giornata per poter visitare la città.
Dopo un breve spuntino presso un locale supermarket, visitiamo il Monastero di Gandan, luogo sacro molto importante per la storia del paese anche per essere stato uno dei pochi monasteri a sfuggire alle distruzioni del regime comunista.
Il monastero buddista, risalente al 1838, ospita oggi 600 monaci ed ha al suo interno tra gli edifici più interessanti il Tempio di Ochidara, con decine di ruote di preghiera e la bianca costruzione del Migjid Janraisig che ospita una statua di Buddha alta ben 26 metri.
Questo santuario è stato molto importante per lo studio del buddhismo, della medicina e dell’astrologia e ancora oggi i fedeli giungono qui per interrogare i monaci sul loro futuro, pratica alla quale ci troviamo anche noi ad assistere con non poca curiosità.
La visita successiva la facciamo al Palazzo d’inverno del Bogd Khan, un tempo dimora del Bogd Khaan, leader spirituale e ultimo re della Mongolia. Qui siamo purtroppo colti da un violento ed improvviso temporale che comunque non ci impedisce di visitare l’interno della bellissima struttura in cui sono custoditi gli arredi originali ed un’intera sala dedicata ad animali imbalsamati. Purtroppo il tour esternamente lo facciamo molto velocemente a causa dell’incessante pioggia e non possiamo comunque non constatare una certa approssimazione nella cura dei vari templi disposti nell’ampio complesso, forse dovuto anche ad un turismo non ancora molto sviluppato.
Il nostro tour fortunatamente non è ancora finito: dobbiamo infatti ancora visitare il centro di Ulan Bator dove peraltro abbiamo già deciso di fermarci per cenare a base di piatti tipici locali. Arriviamo così in piazza Sukhbaatar il vero cuore della capitale mongola dove spicca nel mezzo una grande statua equestre che rappresenta Damdinii Sukhbaatar, vero e proprio eroe nazionale per essere stato il leader della rivoluzione del 1921 che avrebbe portato tre anni dopo allo stabilimento della Repubblica Popolare Mongola.
Sempre sulla grande piazza troviamo alcuni tra gli edifici più importanti e rappresentativi della capitale, come quello del governo, diverse banche, il teatro nazionale, il palazzo della cultura e la Central Tower con all’interno i suoi negozi di moda.
Davanti al palazzo del governo vi è il monumento dedicato a Gengis Khan, situato tra altre due statue che riproducono altri khan, mentre sullo sfondo svettano impressionanti grattacieli simbolo del recente sviluppo di Ulan Bator. Questa piazza ospita diverse manifestazioni tra cui il celebre “Great Naadam Festival” in cui gli abitanti locali celebrano le loro tradizioni come il tiro con l’arco e le corse dei cavalli, in un’atmosfera piena di colori, gioia e allegria.
A pochi passi dalla piazza si trova il Modern Nomads, ristorante scelto con l’ausilio della nostra guida per una cena a base rigorosamente di carne mongola. Ci mangiamo alcuni piatti tipici come i ravioli al montone ed il khorkhog, una sorta di carne al barbecue, tutto veramente squisito, di ottima qualità e dalle abbondanti porzioni ad un prezzo veramente contenuto.
Prima di rientrare al Camp, facciamo una breve sosta a Zaisan Hill, una collina che domina dall’alto gran parte della città e dove si trova un importante monumento commemorativo, costruito dai russi in onore dei soldati morti durante la seconda guerra mondiale. Il nostro autista ci accompagna fino al parcheggio superiore, così dobbiamo fare “solo” trecento gradini (anziché 600 per chi parte dal basso) per giungere al monumento e vedere dall’alto il bel panorama di Ulan Bator by night. Completato tutto il programma che ci eravamo prefissati, soddisfatti della nostra breve ma intensa sosta in Mongolia, ritorniamo alla nostra comoda e calda yurta per trascorrere l’ultima notte con la speranza di tornare in futuro per poter approfondire la conoscenza di questo immenso Paese dalla cultura e dal paesaggio affascinanti.
Il nostro viaggio finisce con un volo di ritorno a Roma, con scalo a Francoforte, ma non certo terminano le emozioni che ha saputo regalarci e che saranno sempre con noi insieme al ricordo bellissimo dei tanti posti visitati, ognuno con qualcosa di speciale e unico.