La Grande Moschea: dove la bellezza ha la meglio sul dress code
Visitare la Grande Moschea Sheikh Zayed è come entrare in un sogno arabo fatto di marmo, geometrie perfette e spiritualità sospesa tra cielo e terra.

Il primo impatto è travolgente: colonne intarsiate in madreperla, riflessi d’acqua ovunque, e una quiete che sembra amplificare la bellezza. E poi ci sono io… avvolta in un giaccone invernale nero col cappuccio.

Le regole sull’abbigliamento sono chiare: servono capi lunghi e coprenti. Nel mio caso, l’unica opzione disponibile mi ha trasformata in una creatura nordica smarrita nel deserto. Samuele ed Alessandro non hanno fatto altro che ridere e prendermi in giro per tutto il tempo…

Tra uno scatto e l’altro ho scoperto che il tappeto della sala di preghiera è il più grande al mondo, annodato a mano in Iran, e che i lampadari sono decorati con cristalli Swarovski provenienti dalla Germania. Ogni dettaglio è simbolo di fusione culturale.

La moschea prende il nome dal fondatore degli Emirati Arabi Uniti, Sheikh Zayed bin Sultan Al Nahyan, che volle realizzarla come luogo di pace, dialogo e inclusione religiosa. Non a caso, vi possono accedere visitatori di ogni credo, pur nel rispetto delle tradizioni islamiche.

In quella distesa di bianco, tra spiritualità e sudate monumentali, ho capito che la bellezza può davvero superare ogni piccolo disagio… anche quello di indossare un piumone urbano a 30 gradi.