Pernottamento in una yurta mongola
Uno degli aspetti più affascinanti di visitare la Mongolia è certamente quello di poter pernottare almeno per una notte in una yurta, chiamata anche “ger” o “gher”, la tipica abitazione mobile trasportabile dei popoli nomadi dell’Asia Centrale, dediti all’allevamento di cavalli, cammelli e yak, ma anche pecore e capre.
Questa struttura sorprendente e versatile ha radici profonde nella storia millenaria non solo della Mongolia, ma anche delle steppe del Kazakistan e del Kirghizistan, dove è molto più di una semplice dimora: è un santuario di cultura, uno spazio flessibile e accogliente che si adatta alle esigenze della vita nomade e che ha permesso ai popoli di queste regioni di gestire le elevate escursioni termiche potendosi allo stesso tempo spostare alla ricerca dei migliori pascoli per il proprio bestiame.
Facili da montare e leggere nel trasporto, queste tende circolari dal diametro compreso tra 4 ed 8 metri, sono rivestite di feltro per riparare gli abitanti dalla pioggia e dai forti venti che spirano nei lunghi e rigidi inverni e dispongono al loro interno solitamente di uno scarno mobilio, letti per dormire ed una stufa al centro con la canna che esce dall’apertura rotonda posta alla sommità della tenda e che viene chiusa durante la notte anche per non fare entrare gli spiriti maligni!
Noi trascorriamo entrambe le notti della nostra breve sosta ad Ulan Baator al Nomad Horse Camp un campo ger situato a poche decine di chilometri dal centro città, completamente isolato dal resto del mondo e costituito da un piccolo complesso di tende adibite a camere per gli ospiti oltre ad una struttura più grande dove la mattina viene servita la colazione.
Abbiamo modo di scambiare qualche parola con il proprietario che vive insieme alla sua famiglia tra questo luogo ameno e la capitale e che ci racconta alcune caratteristiche e tradizioni della cultura nomade, non ultimo quella di tenere completamente liberi i propri cavalli che infatti vediamo gironzolare nelle vicinanze del campo senza recinzione alcuna.
Ci viene anche offerta la possibilità di una passeggiata a cavallo che però, vista la breve durata del nostro soggiorno, siamo costretti a declinare. Accettiamo invece con piacere di indossare i tipici abiti invernali mongoli, semplici nella loro fattura ma estremamente caldi e comodi da infilare.
Unica nota dolente, specie per la sottoscritta, è stata quella del bagno. All’interno della tenda avevamo infatti soltanto un piccolo lavabo mentre la toilette e la doccia erano esterne e comuni a tutto l’accampamento. Ovviamente la sera, non era certamente il massimo avventurarsi al buio, inconveniente questo ampiamente compensato dall’atmosfera che si respira e che ci ha fatto sentire in completa armonia con la natura come poche altre volte in vita nostra.